martedì 26 giugno 2007

Semplice e Complicato

Proprio come lo è il dialetto: semplice, perché parlato da persone tali e complicato, perché difficile da studiare, proprio per i suoi mutevoli aspetti, dovuti ad un idioma poco scritto e mai codificato. Due parole che nel dialetto parlato di oggi esistono: "sàmpliz" e "cumplichè", di evidente origine dotta, quasi certamente derivate dall'italiano: non credo infatti che esistessero prima dell'avvento della lingua di Dante. Una volta, e del resto anche oggi, al primo si preferiva "fàzil" o "da póch" e al secondo "difézzil", "brigàus" o il bolognesissimo "ghignàus", ma oggi la gente preferisce "sàmpliz" e "cumplichè", quasi certamente per la influenza dell'italiano che cancella sempre più vocaboli del vecchio dialetto: un lento processo di "italianizzazione" del vernacolo, uguale e contrario a ciò che succedeva un tempo, quando l'italiano era parlato da pochi e avveniva la sua "dialettizzazione" che portava ai tanti vocaboli (molti ancora in vita) del buffo italo-bolognese di cui ho parlato spesso (un esempio per tutti, già che ne stiamo parlando, è "ghignoso"!).
A proposito di "sàmpliz" sono due le "scoperte" di oggi:

1) la parola non figura affatto nei due dizionari che ho a disposizione, eppure è ben viva ed usata quotidianamente.
2) il fatto che (e questa è una delle curiose, simpatiche e… misteriose anomalie del bolognese) essa viene pronunciata con la "a" a differenza dell'italiano "semplice" che ha la "e" e che sempre prevede la "e" per tutte le altre parole derivate, mentre il bolognese passa alla "e" per le forme "semplizéssum", "semplizitè", "semplizemànt" e così via, parole che nessuno si sognerebbe mai di pronunciare con la "a"!

A proposito di "cumplichè" invece, a parte le teorie balzane d’innovatori che scrivono "cunplichè", osservo che molti parlanti dicono "complichè" e che usano la "o" anche per le parole derivate ciò che conferma quanto già più volte osservato sull'ambiguità della pronuncia.Il dialetto nasce parlato e la sua scrittura è un artifizio "moderno", ma è proprio sullo scritto che saltano agli occhi le differenza tra un Autore e l'altro, tra la grafia antica e quella moderna, mentre sul parlato non ci sono apparentemente differenze. Ma solo "apparentemente", poiché basta uscire pochi chilometri fuori dalle mura che troviamo differenze ed anche entro la città si riscontrano differenze tra i vari parlanti a causa delle loro diverse estrazioni, del diverso grado di cultura e di confidenza col dialetto. E' la mia solita "tiritera": manca una regola precisa anche in fatto di fonetica!

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