martedì 3 luglio 2007

Nuove... "scoperte".

Quelle che io chiamo "scoperte" (lo voglio ribadire) sono in realtà… scoperte dell'acqua calda, poiché infatti si tratta di cose che sono sulla bocca di tutti i parlanti del dialetto, alle quali però nessuno o pochi fanno caso.
Oggi si tratta di un’osservazione sui verbi: in tutte le lingue e dialetti con i quali ho una certa dimestichezza, accade che, nella maggior parte dei casi, le voci verbali tendano a mantenere invariata la base (radice) e a cambiare solo la desinenza, ad esempio: mangiare, dove resta la base mang- e cambia solo la desinenza, a seconda dei tempi: mangerò, mangiai, mangiando e così via. Tuttavia, in ogni lingua, ci sono verbi che la base la cambiano anche radicalmente a seconda dei tempi: nel latino di buona memoria scolastica fero, fers, tuli, latum, ferre; nello stesso italiano e francese per "andare": io vado- andare, je vais- aller; nell'inglese go- went- gone e in quasi tutti i verbi tedeschi, nei quali il participio prende la forma iniziale di ge- (kommen-gekommen), ma gli esempi sarebbero tanti.
Ciò che invece mi ha sorpreso è che nel dialetto bolognese (e solo in quello, tra gli idiomi che conosco, a meno che non mi sbagli, nel qual caso avrò un'ottima scusa per scrivere un altro capitolo!), oltre ai casi di cui sopra (a vàgh-a sàn andè), si verifichi talvolta la stranezza di un verbo che, in tempi diversi, cambi anche una sola vocale della base. E' il caso di "pérder" (perdere) che quasi sempre fa mé a pérd, mé ai ò pérs, ecc., ma che fa mé a pirdé, mé a pirdarò (ed anche la variante mé ai ò pirdó!), trasformando cioè la vocale "e" della base in una "i": non c'è infatti nessun parlante, a meno che non sia molto "arioso"o addirittura qualcuno che per bolognese voglia solo spacciarsi, che direbbe mé a perdé oppure mé a perdarò! Altro curioso esempio è "credere" che fa "cràdder", ma anche "cardó", dove la radice cambia per metatesi, ciò che è frequente in molte parole (specialmente iterativi) dal latino-italiano al bolognese.
Usate bene il nostro vecchio, buon dialetto e diffidate delle imitazioni!
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Paolo Canè

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