domenica 15 luglio 2007

Rigaglie ed Orchestre

I postumi di una tosse lasciano la raucedine, ciò che in dialetto si chiama "ragàia" e in altri dialetti qualcosa di simile a "raganella", con evidente riferimento al verso di quella rana. Esiste anche la frase "avàir i urganén", parola questa che indica il noto strumento musicale e, pur se non citata dai dizionari, molto usata per definire quel particolare fischio dei bronchi di chi è raffreddato o di chi fuma. Nulla a che vedere con l'italiano "rigaglie" o il regionale "regaglie" (sempre al plurale) di pollo che servono per fare il ragù e che in dialetto si chiamano "archèst", ma che io ho sentito spesso pronunciare "archèster", forse per similitudine con "urchèster" che sono i complessi musicali! Questo fatto mi porta ad una strana considerazione: noi tendiamo a considerare "ignorante" colui che, conoscendo sopra tutto il dialetto, parla male l'italiano, mentre lo consideriamo "colto" nell'ambito del suo dialetto e spesso egli stesso si considera tale! Ma non è così: una persona può parlare bene il dialetto e male la lingua (o viceversa), però se è ignorante, ignorante resta e lo dimostrano i vari "strafalcioni" in cui molti incorrono, anche quando parlano dialetto! Una cosa simile accade in fatto di musica: un individuo può suonare benissimo uno strumento ad orecchio, ma se non conosce le note scritte, in quella materia resta un ignorante. Anche il dialetto s'impara ad orecchio e se chi lo parla non ha studiato e perciò non conosce grammatica, fonetica, etimologia e quant'altro, fatalmente commette errori anche parlando quel dialetto in cui, però solo apparentemente, si esprime bene. Errori che vengono poi ripetuti da altri, i quali poi si dichiarano convinti che quella sia la forma giusta, così mi trovo a…ripetere che, in un idioma non scritto, queste diverse forme grafiche e fonetiche non fanno che aggiungere confusione alla confusione!
Ad esempio, una delle tante forme usate per "morire" ("andèr da Brèsa, pighèr i usvéi", ecc.) è "andèr al gabariót", ma io ho sentito spesso dire "gabariól". E ancora, sempre con lo stesso significato, abbiamo "sbàtr' égli ègli", che ho sentito spesso pronunciare "sbàtar àgli èli", senza contare le molte parole che, secondo i diversi parlanti, finiscono in –er o –ar (pèder, mèder, lèder oppure pèdar, mèdar, lèdar?). Qui interviene anche il fatto di essere cittadini o campagnoli, tuttavia non sapremo mai quali siano le forme e le pronunce corrette (sempre che esistano), ma una cosa certa la sappiamo e cioè che ogni bolognese è pronto a giurare che il suo modo è quello giusto e gli che altri sono sbagliati!
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Paolo Canè

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