giovedì 12 luglio 2007

Stranezze e scambi

Pensando alla situazione linguistica attuale, dove quasi più nessuno parla solo dialetto, molti non lo parlano affatto o non lo parlano più e la maggior parte lo parla e lo intende più o meno bene, ma ha molta più dimestichezza con l'italiano, posso azzardare un confronto con la situazione di tre, quattro o cinque secoli fa, quando, presumibilmente, la stragrande maggioranza parlava solo dialetto, pochi avevano qualche infarinatura di italiano e pochissimi lo parlavano e lo scrivevano abbastanza bene.
Una situazione quasi opposta a quella di oggi. Tuttavia, a causa del fatto che molti parlavano entrambi gli idiomi, si può presumere che abbiano avuto luogo diversi scambi, dovuti in buona parte al motivo che, non conoscendo magari una parola in italiano, la si diceva in dialetto e viceversa. Mi viene in mente il caso di Lillo Mazzotta, un siciliano emigrato in Germania, dove risiedeva da 30 anni e gestiva un noto ristorante di Norimberga. Aveva sposato una tedesca, suo figlio si chiamava Oliver e parlava solo tedesco e così faceva anche lui coi suoi clienti, ma con noi e con i suoi amici italiani, ovviamente, parlava italiano.
Nonostante non avesse fatto molti studi, parlava abbastanza bene tutte e due le lingue, però, quando parlava italiano, ogni tanto se ne usciva con una parola in tedesco, ad esempio diceva "U Bahn", poiché la parola "metropolitana" non si usava, quando 30 anni prima aveva lasciato l'Italia!
Per un motivo analogo vendeva ai suoi clienti il "tiramisu", ma non aveva mai pensato che il significato italiano della parola fosse "tirami su"!
Scambi dovuti dunque al fatto che certe parole non si conoscevano in italiano e così s'italianizzava il dialetto (ciò che si fa ancora oggi e che Menarini chiama "italo-bolognese"), dando luogo a buffi termini, come "ciapino", "smataflone", "da quella via" e mille e mille altri.
Non ci sono stati passaggi di parole squisitamente dialettali nella lingua, mentre il contrario è accaduto e anche molto spesso. Un esempio per tutti che rappresenta anche una stranezza: l'Emilia, la nostra regione, in dialetto si chiama "Emélia" (al cunfén stra l'Emélia e la Tuschèna), ma, quando si vuole indicare la strada che l'attraversa, si dice in italiano (a sàn arivè infén à la via Emilia) e, nonostante che entrambe le parole abbiano una loro forma dialettale, nessuno direbbe mai "vì Emélia"!
Dunque, in italiano Emilia è invariabile, in dialetto diventa "Emélia" se si tratta di regione, ma resta "Emilia" se si tratta della via. Stranezze!
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Paolo Canè

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