martedì 3 luglio 2007

Tutti e Nessuno

Lo studioso professionista ricerca, studia e poi enuncia, mentre il dilettante si avvale di ricerche altrui, osserva, deduce e scrive con entusiasmo, ma anche con maggior possibilità di cadere in errore: è il mio destino!
In dialetto "tutti" si dice "tótt", parola che significa anche "tutto" (mentre, com'è noto, il femminile fa "tótti"). Fin qui, niente di nuovo, ma quando si vuole dire proprio tutto, come insieme di cose o di concetti, si usa "incósa" parola che a volte viene pronunciata con "o" aperta e con due "s" (incòssa) quando si vuole sottolineare con enfasi "tutto, ma proprio tutto"!
La sua etimologia appare evidente: "ogni cosa", come in italiano e come in molti altri dialetti (a braccio, ricordo il romagnolo "gnacòsa" o giù di lì).
Al massimo si può osservare che "ogni", pur avendo il corrispondente bolognese "ògne", in questo caso diventa "in" e ciò potrebbe essere spiegato dalla famosa frase del dottor Bartoluzzi (1779) "Ogn' bulgnèis, ecc", a volte scritta "Egn' bulgnèis…", possibile perciò che il passaggio sia stato ògne>ògn>ègn>in, ma forse è solo una mia …illazione. Un po' più misterioso è il percorso della parola "nessuno" che nasce, in italiano, dalla locuzione latina: n(e) ips(e) unus (n-ips-unus=nessuno), ma che in dialetto ha solo il corrispondente "inción" (inciónna-inciónni) e nient'altro.
Ancora una volta, per capire, ci viene in aiuto il dottor Bartoluzzi che scrive, nella stessa frase sopra citata, "ensùn" e forme simili venivano usate in passato da altri Autori: "endsùn", "indsón" ed ho trovato perfino un "ngùn" datato 1691!
Difficile, tra questa fantasia di grafie, capire quale sia stato il percorso di questa parola e, tanto meno, come sia cambiata la pronuncia nel tempo, ma proverò a fare due supposizioni:
a) la linea "ensùn-endsùn-indsón" sembrerebbe portare inequivocabilmente all'attuale "inción" per metatesi gradualmente partita da "nipsunus", ciò che del resto era già accaduto da "in hoc (die)" a "incù" (oggi) e che si riscontra in molte altre parole.
b) lo strano "ngùn" sembrerebbe invece parente di un arcaico "ninguno" e di un dotto "niuno", probabili adattamenti dell'italo-toscano al dialetto. Salvo errori, peraltro sempre possibili.
-
Paolo Canè

Nessun commento: