martedì 18 settembre 2007

NONSOLOFONETICA

In questo capitolo vorrei tornare su alcuni argomenti accennati, ma non approfonditi. La mania dei toscani d'essere gli unici depositari della lingua italiana rasenta spesso l'idiozia! Faccio qualche esempio: il figlio di miei amici pistoiesi (ma almeno allora era un ragazzo) una volta fece incredibili acrobazie di pronuncia per convincermi (peraltro invano!) come fosse sbagliato il mio modo di pronunciare "casa" (con la esse di "rosa", pur con la particolarità della mia inconfondibile "s" bolognese) e come sbagliato allo stesso modo fosse "casa" (con la esse di "sale"), come la pronunciano i meridionali e sosteneva che il "vero" modo di pronunciare quella parola fosse… quello toscano e cioè un (per me) buffissimo "ca(th)a" dove la "s" veniva pronunciata in modo appena accennato e con la lingua tra i denti, analogamente al "th" inglese! Il bello è che, nonostante una dozzina di miei tentativi, egli sosteneva che io ero incapace d'imitare quello strano suono. Un'altra volta un amico (ma quello era adulto!), parlando con me, disse la parola "tennico" (per la verità disse "tenniho", ma i toscani non fanno caso al fatto che aspirino la "c": per loro questo è un fatto trascurabile!) e quando dissi che ciò non era italiano, corse a prendere lo Zingarelli per dimostrarmi che avevo torto; dopo averlo sfogliato, lo richiuse e tornò a riporlo, con la coda tra le gambe, senza dire una parola!Infine cito le parole "codesto" per indicare ciò che è lontano da chi parla, ma vicino a chi ascolta; "incignare" per dire incominciare, dare inizio; fare una "girata" per dire fare una passeggiata ed innumerevoli altre, la quali sono, ahimé, registrate sui dizionari, poiché evidentemente anch'essi sono o fatti da toscani o fatti da autori i quali non si sono ancora liberati di questa manzoniana sudditanza al dialetto di Dante. Può darsi che "anche" questo sia italiano, tuttavia vorrei far notare che "ca(th)a", "tennico", "codesto" e anche "costì", "incignare" e fare una "girata", insieme a molti altri termini fantasiosi, sono tutte cose che si dicono SOLO in Toscana e non si dicono affatto appena di là dal confine con le Regioni limitrofe: Liguria, Emilia, Romagna, Umbria e Lazio, figuriamoci nel resto d'Italia!Ma ci sono altri italiani che hanno particolari caratteristiche fonetiche: calabresi e siciliani dicono "alzare" usando la zeta dolce di "zero" e dicono spesso le "o" aperte (barcòne anziché barcóne) quando noi le abbiamo chiuse e le dicono chiuse (dónne anziché dònne) quando noi le abbiamo aperte, al sud dicono Bològna, anziché Bológna e in Lombardia dicono Cómo anziché Còmo.

Questa differenza tra "o" aperte e chiuse mi ha fatto pensare parecchio a proposito di due miei clienti siciliani i quali si chiamavano uno Tabbone e l'altro Buzzone: io pronunciavo quei cognomi con la mia brava "ó" chiusa, come mi dice la personale consuetudine, mentre, per lo stesso motivo, i siciliani pronunciavano invariabilmente la "ò" aperta! Io avrei anche potuto pensare di aver ragione, ma…quei cognomi erano i loro e si presume che essi sapessero meglio di me come si chiamavano!A parte certe parole come "interpretare", "psicologia" e diverse altre che al Sud vengono pronunciate come ognuno ben sa (e tali differenze fanno parte delle diverse cadenze, dei diversi accenti che esistono in ogni dialetto o lingua), i dizionari più completi indicano chiaramente quale sia l'esatta pronuncia italiana (non toscana!) di ogni parola, tuttavia ognuno continua a pronunciare come sa e come può, compresi noi bolognesi che, sebbene in lingua non abbiamo necessità di usare quell'unico nostro suono esclusivo “n-n”, ci portiamo le altre nostre due stranezze che sono la "s" e la "z" come solo noi sappiamo dire e come non sanno dire tutti i forestieri che penosamente ci provano! Dunque se in italiano (e in qualsiasi altra lingua) ci sono ben precise regole fonetiche, le quali però talvolta non vengono rispettate dai parlanti, sia per l'influenza dei dialetti, sia per la loro incapacità a pronunciare in modo diverso, mi chiedo perché nel dialetto bolognese, e solo in quello, noi dovremmo avere un unico modo di pronunciare le parole e solo quello! Perché anche noi non possiamo avere una sola regola, ma tollerare qualche lieve differenza dovuta a una maggior distanza dalla città, a qualche non bolognese in famiglia o ad una forte influenza dell'italiano che sovrasta il dialetto? Perciò ribadisco (e lo ripeterò fino alla noia!) che non importa adottare 4 accenti per la "a" più la "a" non accentata: bastano "a" ed "à" e in caso di semivocali, la lunghezza o la brevità delle vocali verrà determinata dal numero delle consonanti che seguono: "làgna" = lagna ("a" lunga) e "làggna"= legna ("a" corta).
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Paolo Canè

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