venerdì 5 ottobre 2007

IO E I TOSCANI

In molti miei scritti e anche di recente ho avuto modo di manifestare spesso la mia poca simpatia per la Toscana, i toscani e il loro dialetto, ma ora credo che sia il caso, se non di ravvedermi, quanto meno di spiegare i vari motivi di tale mio atteggiamento.Premetto che la Toscana è bellissima, che tra i toscani ho alcuni buoni amici che sono, tra l'altro, brave persone e che il dialetto (o "vernacolo" se preferite!) toscano non è né meglio, né peggio degli altri. Ma debbo anche dire che:

a) siamo regioni confinanti e si sa che non c'è peggior avversario di colui che ti sta alle costole (gli stessi toscani lo insegnano, vista la loro faziosità)
b) non amo l'atteggiamento di superiorità dei fiorentini, lo stesso che hanno romani e milanesi, ma almeno costoro sono abitanti di metropoli e tutti i metropolitani europei (parigini, londinesi) tendono ad avere un po' di "puzza" sotto il naso. I fiorentini sono appena mezzo milione!
c) i miei avi hanno sempre preso in giro la loro parlata (il famoso "tosquigno"), perciò lo faccio anch'io. E con molto piacere!
d) mentre le battute dei romani (e napoletani e siciliani, ecc.) sono spesso simpatiche, difficilmente lo sono quelle, spesso prevedibili e datate, dei toscani. Almeno così le ho sempre percepite.
e) i toscani in genere, ma soprattutto fiorentini e senesi, credono ancora di parlare il solo "italiano" possibile e ci sono pure altri (sprovveduti) italiani che lo credono (mi sono spesso scagliato anche contro il Manzoni!), ma non è vero. O almeno NON E' PIU' vero!

Questi sono i motivi che stanno alla base della mia scarsa simpatia, motivi che possono essere o meno condivisibili, ma credo che bastino!Il bel trattato di G.L. Beccaria il cui titolo è "ITALIANO" (Garzanti-1988) è chiaro sul punto e): quello alla Toscana ed al dialetto fiorentino è un "vecchio riferimento", cioè un modello che è stato valido ai tempi di Dante e che ha mantenuto una certa validità fino a Manzoni, ma poi altri dialetti hanno contribuito alla lingua, tanto da renderlo superato. Ed io sono perfettamente d'accordo: voler ribadire oggi la supremazia linguistica del dialetto fiorentino è come voler resuscitare un morto e, a mio modesto parere, sono abbastanza ridicoli certi termini toscaneggianti dei "Promessi Sposi" che c'entrano con la realtà lombarda come i cavoli a merenda!Il libro di Beccaria ha solo tre difetti (sempre a mio modesto parere):

1) con le sue 300 pagine fittissime, nelle quali si trattano forse troppi argomenti, è un po'…pesante da digerire!
2) comprende troppi riferimenti politici. Tempo fa scrissi alcune e-mail al professore, osservando che nella trasmissione televisiva "Parola mia" esagerava qua e là nel palesare le proprie idee. E' un vezzo di quasi tutti i componenti della sua parte, i quali, operai o professori che siano, non resistono alla tentazione di ostentare la propria idea, convinti come sono che sia la migliore! E Beccaria non sfugge alla regola: peccato, perché se si limitasse a scrivere di ciò che sa e di ciò che è pertinente alla lingua, sarebbe molto meglio per tutti!
3) la sua posizione nei confronti dei neologismi, degli inserimenti forestieri e della "difesa della lingua" in generale, è fortemente intermedia e decisamente ambigua, ma anche ciò è in linea con il suo modo di pensare: un permissivismo spinto a 360 gradi che lo spinge ad accettare tutto, anche se poi, leggendo bene, si desume che…permette molto meno di ciò che dice! Una posizione ben diversa di quella, ad esempio, del prof. Gabrielli, altro insigne linguista (…e parente delle sorelle Pivetti!), il quale non esitava a scagliarsi in modo deciso contro i "mostri" e gli inserimenti inopportuni, ma … Gabrielli aveva tutta un’altra mentalità!

Per quasi tutto il resto sono d'accordo con Beccaria e con il suo libro dal quale ho imparato molto e che consiglio a tutti coloro che s'interessano di lingua e di dialetti. Egli cita Menarini come "grande esperto di gerghi" e cita inoltre molte parole e proverbi del dialetto bolognese, di più di quelli del Piemonte che è la sua regione: ciò dimostra che ha letto, che stima e conosce bene l'opera di Alberto Menarini e ciò mi fa molto piacere! Come mi fa piacere il fatto che nel suo libro tratti diversi argomenti e faccia parecchi esempi (alcuni dei quali peraltro arcinoti) che sono gli STESSI fatti da me in questa ed in altre raccolte dialettali e linguistiche precedenti: ciò dimostra che, nel mio piccolo, ho centrato più di un problema ed è un’intima soddisfazione.Beccaria giudica "antico" il rigore linguistico (e rischia di cadere nella esagerazione opposta), tuttavia è contrario al "burocratese", agli anglicismi (da lui detti "anglismi") inutili, ciò che condivido in gran parte, mentre condivido in pieno ciò che afferma sull'inutilità degli "interventi dall'alto" in fatto di lingue e dialetti e sul fatto che "tutte" le lingue siano in realtà miste e pertanto sia sciocco imporre regole o invocare il concetto di "lingua pura" che non è mai esistito! Condivido, anche… se mi dispiace.
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Paolo Canè

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