domenica 17 giugno 2007

Proverbio n. 30

An avàir gnànch un càn ch’ai péssa int la stanèla.
Dicesi di donna che non riesce a trovare un uomo.

Proverbio n. 29

Am làs tastèr.
Scelgo il male minore.

Proverbio n. 28

Am fà caghèr.
Non mi piace!

Verbi, parole, cognomi e curiosità dialettali

UN, UNO, UNA
Della nostra lingua, che parliamo e scriviamo, sappiamo tutto e ciò che non sappiamo ce lo siamo sicuramente dimenticato, poiché è certo che qualcuno a scuola ce lo ha insegnato. Del nostro dialetto invece, proprio perché lo parliamo e non lo scriviamo, sappiamo poco e così succede che ogni tanto facciamo delle "scoperte". E' buffo definirle tali, dato che da una vita diciamo le cose senza rendercene conto, ma un bel giorno ci facciamo caso ed avviene la "scoperta". Oggi riparlerò della la differenza dell'uso degli articoli e dei numeri "un, uno e una" tra italiano e bolognese. Notai in un precedente lavoro che, oltre ad "uno", in bolognese anche "due" e "tre" hanno il genere maschile e femminile ed accennai anche alla "scoperta" di oggi. Infatti la forma italiana "un" e "una", articoli, pronomi o numeri che siano, è invariata: si dice e si scrive sempre allo stesso modo, con la sola variante di "un" che diventa "uno" davanti a parola che inizia con due consonanti e "una" che prende l'apostrofo davanti ad una parola che inizia con una vocale: un cane, uno sbaglio, una casa, un'aringa, dammene uno, ne prendo una, il numero uno, ecc.
In bolognese abbiamo l'articolo maschile "un" che resta sempre invariato, ma che è sempre articolo e mai numero o pronome! Infatti: un càn, un sbàli (ciò che ci fa dire "un scemo" anche in italiano!). Il femminile invece è "una" e, all'occorrenza, prende l'apostrofo, ma resta sempre e solo articolo. Infatti: una cà, un'arànga.
La "scoperta" di oggi è che, quando si tratta di pronomi o di numeri, in bolognese non si dice più "un" e "una", ma "ón" e "ónna"!
Infatti diciamo: dàmm'n ón, ain tóii ónna, al nómmr'ón.
Stranezze delle nostre lingue. Stranezze che però, ancora una volta, dimostrano come il mio dialetto (e forse molti altri dialetti) sia più completo, più articolato, più esatto della lingua italiana.
Stranezze che io considero tali, ma forse non lo sono: forse se andassi a studiare il greco, il latino o magari anche, che so, il sanscrito o l'aramaico, vedrei che c'è un motivo che giustifica questa differenza tra bolognese ed italiano, ma… chi ha la voglia di andare a studiare tutte quelle lingue?

UNA CURIOSITA’…OLEARIA…
A dimostrazione dell’importanza che ha sempre avuto (e che ha ancora) la pianta dell'ulivo in tutto il bacino mediterraneo, sono centinaia i cognomi, i riferimenti, i modi di dire relativi ad olio ed olive che si trovano in tutte le lingue e dialetti dei Paesi che su tale bacino si affacciano.Ma una cosa che non tutti sanno è la relazione dell’ulivo (l'albero!) con Bologna! Dopo le lunghe stagioni di benessere economico portate prima dal baco da seta, poi dalla coltivazione della canapa (altre attività che hanno lasciato traccia nei nomi di località, nei detti, nei luoghi e nei cognomi, tra i quali probabilmente anche il mio!), Bologna fu anche città di ulivi, frantoi e commercio dell’olio, almeno finché, verso la fine del XVIII secolo (1780 circa), una spaventosa gelata distrusse tutte le piantagioni che occupavano gran parte del nostro Appennino e da allora la coltura cessò!A distanza di due secoli sono però rimaste tracce di questa attività: parole e nomi i quali fanno parte anche di altre lingue e dialetti, ma ne voglio ricordare alcuni abbastanza frequenti nella mia città:

Quàll ch'pèga l'óli - il padrone
Pimpinèl da l'óli bèl, da l'óli fén... - antica filastrocca per bambini
L'óli l' lé, l'àlla l'è là... - noto scioglilingua
Dall'Olio, Olivieri, ecc. - cognomi comuni in città
Bàn da frézzer - buono a nulla (come l'olio scadente ?)
Schiva l'ulìva - modo di dire scherzoso
Al và ch'al pèr ónt - molto veloce
Cambièr l'àqua agli ulìv - fare pipì

Ma ce ne saranno sicuramente altri che aggiungerò se e quando me ne ricorderò.

…E UN’ALTRA… ODIERNA!
La locuzione latina "in hoc die" (in questo giorno) pare si sia stranamente spezzata in due, dando origine con "hoc die" alla parola tosco-italiana "oggi" e con la prima parte "in hoc" al "misterioso" incù del bolognese e dei vari "incò" e simili di altri dialetti settentrionali!
Ecco perché occorre stare molto attenti in fatto di etimologia: chi avrebbe potuto dire che due parolette così diverse (oggi e incù), tanto da sembrare una latina e l'altra…ostrogota, sono invece due sorelline figlie della stessa mamma?
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Paolo Canè