lunedì 25 giugno 2007

IN TRÉNO (n. 27)

Int un scumpartimànt da tréno ai è ón ch'ai scapèva da scurzèr, mó an s'atintèva brìsa quànd ai scópia un temporèl e ló l'aprufétta dun tràn par mulèr e al dìs a un èter pasegér:
"Sócc'mel, èl sintó che tràn?"
"Sè, a l'ò sintó e ai ò póra che al fólmin l'èva ciapè in vàtta a un'aldamèra!".

L'ÀURS (n. 26)

Du bulgnìs i vàn al Polo Nord a càzia d'l'àurs biànch, is sistémen dàntr'a un iglù e ón di dù al và fóra, mànter ch'l'èter al l'aspèta. Là fóra al vàdd in mèz à la nàbbia la sèghma d'l'àurs e a gli spàra, mó al fuséll l'é giazè e al fà cilàcca. L'àurs, incazè, ai córr drì e lo vì ch'al và vérs l'iglù. Córr e córr e l'àurs sàmper dri, finché l'arìva, mó al blóch ed giàz ch'al fà da óss al s'é saldè col fràdd. Tìra e tìra e l'àurs sàmper pió avsén, finché al càza un gràn tirót e al blóch al vén vì, própi int al mumànt che l'àurs ai saltèva adós e acsé l'àurs a s'infilé int al bùs e l'andé dàntr'a l'iglù. Al cazadàur al tàurna a stupèr al bùs col blóch, al dà una spazè al giàz par vàdder al só amìgh e a gli dìs:
"Pàila quàsst qué in st'mànter che mé a vàgh a tórn'un èter!"

APRENSIÀN (n. 25)

Al ragazèl l'é v'gnó a 'mbràusa da la fióla e al pèder al stà lé a controlèr e an vól brìsa andèr a lèt, finché an càsca da la sànn e as dezìd a dèr la bonanót. Al va só int la stànzia, mó an dórum brìsa, as prélla int al lèt e, a un zért mumànt, as lìva e da só al ciàma só fióla:
"Maria, pióvel?"
"No papà, parché?"
"Mó? Am parèva ed sénter guzèr!"

LA VÍSITA (n. 24)

Una sgnàura la và al s'bdèl pàr fères visitèr d'un d’stùrb ch’lavèva. La và dàntr'int un abulatóri e la vàdd dù dutùr, tótt f'té ed biànch, e la dìs:
"Dutàur, am fà un gràn mèl al cùl, ch'in séppen muròid?" e l'as tira só la stanèla, mustrànd al cùl. "Alàura cussa dìsel?"
"Mó? Chl'aspèta ch'a sént dal mi coléga: Alfredo, vén a vàdder anca té!"
"Alàura, dutàur, él grèv?"
"An al sò brisa, gnarévv che lì l'asptéss al dutàur: nuèter a sàn i sbianchizén!".

Proverbio n. 48

As vàdd di càn (di gàt) caghèr di viulén.
Succedono cose incredibili!

Proverbio n. 47

As lìga la bàcca ai sàch, mó brìsa ai tèsta de càz.
Impossibile fare tacere gli stupidi.

Proverbio n. 46

As i vàdd la gàula p’r al bùs dal nès (L’à al nés a la glòria).
Dicesi di persona col naso all’insù.

Proverbio n. 45

As i vàdd i dént in bàcca p’r al bùs dal cùl.
Dicesi di persona magra e malandata.

Proverbio n. 44

As dùra pió con la bàcca avérta che con un bràz drétt.
L’uomo fino a sessanta, la donna finché campa!

LA PIAZZA MAGGIORE DI BOLOGNA

Se Bologna, nel suo insieme, è un gioiello, Piazza Maggiore è il brillante che lo impreziosisce! Non starò a descrivere questa piazza, della quale peraltro parlano tutti i libri su Bologna e sulla quale qualche tempo fa Eugenio Riccomini fece una conferenza "in loco" di due ore. Una piazza cantata da Lucio Dalla, il quale però la chiama Piazza Grande, confondendola con quella degli "odiati" modenesi (ma forse per motivi di metrica) e cantata col suo vero nome da Dino Sarti.
Mi limiterò a fare qualche considerazione, ancorché si tratti di cose già note.
L'antica "Platea Major" era uno spazio di circa un ettaro (10.000 metri quadrati, cioè uno spazio di 100x100 metri, per chi abbia dimenticato i tempi della scuola!) che comprendeva, oltre all'attuale piazza, buona parte dello spazio occupato ora dalla cattedrale di S. Petronio, dal palazzo Comunale, da quello del Podestà e di Re Enzo e perciò più vasto. Uno spazio, creato forse dai romani, poi occupato da un dedalo di stradine tra decine di catapecchie e, più tardi, da diverse chiese ed altri edifici. Restò così fino all'anno 1200, quando fu aperta, dopo un "sonno" secolare, durato dalla caduta dell'Impero Romano (476 d.C.) fino oltre la tornata del 1° millennio, a parte l'illuminato mandato del Vescovo Petronio (432-450). Un periodo nel quale successe poco, escludendo le invasioni barbariche, le ondate delle varie pestilenze, l'incisiva dominazione longobarda e l'infausta decisione di Carlo Magno, al quale, per primo, venne in testa l'idea di consegnare Bologna allo Stato Pontificio (774)! Un lungo periodo di decadenza, di distruzioni e di carestie, ma poi avvenne il risveglio: la grande stagione dei Comuni e delle Signorie, durante la quale la città conobbe fama (lo Studio dal 1088 in poi), potenza e benessere diffuso (anche se non esteso a tutti!). Un risveglio del quale Piazza Maggiore è l'emblema ed è di questo che voglio parlare, come fotografando quel periodo. Riassumo brevemente quanto ho già detto, ma che è utile per inquadrare questa piazza nel suo periodo storico:
Le vecchie mura di selenite durarono dal V° secolo (chi dice prima, chi dopo) fino al 1163 e videro perciò il sorgere delle prime torri e del giovane Comune.
Le torri cominciarono a sorgere dall'anno 1100 circa al 1260 circa, anche se alcune (come quella dei Bentivolgio, poi distrutta) sono d'epoca rinascimentale.
Il libero Comune fu istituito ufficialmente dal 1116 (anche se aveva già dato i primi segni di vita intorno al 970!) e durò fino al 1278. Seguì un periodo di lotte.
Di mura furono costruite altre due cinte: la prima tra il 1176 e il 1192, la seconda che durò dal 1337 circa al 1901 quando altri "disgraziati" decisero di abbatterle!
Le Signorie, infine, andarono ufficialmente dal 1315 al 1512, tra Pepoli, Visconti e Bentivoglio, oltre lo sciagurato settennio di Bertrando del Poggetto (esattamente Bertrand du Pujet, uno dei tanti francesi e preti tragici della nostra storia!).
Dal 1512 fino al 1859, Bologna ricadde tra le grinfie dei Papi ed ebbe perciò altri tre secoli e mezzo di grigiore politico, economico e culturale, tanto che gli studenti della Università, al tempo dell'arrivo di Carducci, erano meno di 1000!
Ma torniamo alla nostra magnifica piazza ("la piàza" per antonomasia dei vecchi bolognesi) che è il simbolo di questi 4-5 secoli di splendore, tra la… nebbia!

Il caso ha voluto che i "picconatori" abbiano imperversato dappertutto, tranne che in piazza Maggiore è questo è forse il vero miracolo operato, dall'alto, da S. Petronio! Il risultato è che la nostra è una delle poche piazze al mondo, intorno alla quale sorgono edifici, non dico coevi, ma quasi, e comunque antichi! Anche quando l'Uomo ci ha messo mano, lo ha fatto con rispetto e perizia (Fioravanti, Vignola, Rubbiani), tanto da abbellirla ancora di più se mai ciò fosse stato possibile. E vediamole queste date, peraltro non del tutto certe, a causa di diverse e contrastanti testimonianze.
Intorno allo spoglio "crescentone", inspiegabilmente privo di monumento, fontana, obelisco, aiuole o quant'atro, possiamo ancora ammirare:

1) Il Palazzo del Podestà, le cui parti più antiche risalgono al 1200 (il primo Podestà si insediò nel 1164), anche se poi fu rifatto da A. Fioravanti tra il 1472 e il 1484.
2) Il Palazzo Re Enzo, già Palazzo Nuovo del Comune (il vecchio era a fianco di S. Petronio), che fu costruito dal 1244 al 1246, per diventare quasi subito la prigione dorata dello sfortunato Re. A fianco il Palazzo del Capitano del Popolo.
3) Il Palazzo Comunale o Palazzo d'Accursio, la cui costruzione iniziò nel 1245 o nel 1292, secondo altri, ma forse fu la successiva aggiunta del P.zzo del Legato.
4) Il Palazzo dei Notai, costituito da due corpi e mirabilmente ristrutturato dal Rubbiani, la cui costruzione cominciò pare nel 1278, ma altri dicono nel 1381: errore o le due date si riferiscono alla costruzione dei due corpi del palazzo stesso?
5) La Chiesa di San Petronio, emblema del potere comunale, contrapposto a San Pietro che era l'emblema di quello papale (pur se si tratta… di due chiese!), la cui costruzione iniziò intorno al 1390 e fu interrotta nel 1562 (altri dicono 1512-15). Perché fu interrotta? Alcuni dicono per mancanza di fondi (a quel tempo sia il Comune, che le Signorie erano già stati… archiviati). Altri dicono per decisione papale, il quale non avrebbe voluto che S.Petronio divenisse più grande di S. Pietro in Roma e le fece costruire accanto la nuova sede dello Studio (Archiginnasio), anche per poter tenere sotto controllo docenti e studenti, in un clima di rigorosa Inquisizione. Se San Petronio fosse stata ultimata, avrebbe avuto non solo la facciata completata, ma anche gli altri due bracci della croce del progetto iniziale, che prevedevano una grande cupola alta 150 mt., ben quattro campanili e si sarebbe estesa fino alle attuali Vie Farini, D'Azeglio, P.tta De'Celestini, Galleria Cavour, ecc.! Ma anche così resta la terza della cristianità in ordine di grandezza.
6) Il Palazzo dei Banchi, che esisteva già in parte nel 1412 (Portico delle Fioraie), ma che è l'ultimo in ordine di tempo, in quanto costruito dal Vignola tra il 1565 e il 1568. Una "quinta" eccezionale che chiude la mirabile scenografia della piazza.
Volendo ora includere un paio di edifici che non sono in piazza Maggiore, ma che fanno parte di quel periodo, aggiungo:
7) Il Duomo di San Pietro, in Via Indipendenza, datato 1019, ma distrutto dall' incendio e terremoto del 1220, ricostruito nel XIII secolo, crollato nel 1599 e infine ampiamente ristrutturato in quegli anni, nello stile in cui è oggi.
8) Il Palazzo della Mercanzia, nella piazza omonima, gioiello gotico costruito tra il 1384 e il 1391.

E poi, con Giulio II dal 1512 in avanti, sulla Platea Major e su Bologna calò la notte!
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Paolo Canè