SALIRE E SCENDERE
Tuttavia, in bolognese, il verbo che si unisce a “zà” (“giù”, così pronunciato dai vecchi cittadini, mentre altri pronunciano “zò”), ha sempre un suo preciso significato e tali verbi non sono affatto intercambiabili. Si usa infatti “saltèr zà” nel senso di scendere dall’auto o dal treno o da un burrone o anche da un albero, però solo nel caso che la persona ( o l’animale o la cosa) facciano un vero salto: se scendono lentamente, come anche nel senso di scendere dalle scale, si usa “v’gnìr zà”. Si direbbe quasi che si usi “saltèr” quando si scende da un mezzo mobile o quando si scende da qualsiasi cosa con un salto e “v’gnìr” quando si scende lentamente, in modo più naturale, più dolce. Perciò: “ai vén zà un’àqua…” (piove forte), “al vén zà da la muntàgna” (scende, proviene dalla montagna), “vèn bàn zà dal pàir” (non darti troppe arie o anche è ora di pagare) e “ai é saltè zà la cadàn-na” (gli è scesa la catena della bicicletta), “l’é saltè zà dal lèt” (è sceso dal letto, ma in modo precipitoso: forse anche perché i letti di una volta erano… molto più alti!). La differenza tra “al salté in vàtta à la biziclàtta” e “al ciapé la biziclàtta” sta nel fatto che nel primo caso la bici viene inforcata più precipitosamente e magari al volo! “Mandèr zà” invece si riferisce sempre a un boccone o a un dispiacere, ma questa espressione si dice anche in italiano (mandar giù), come del resto alcune delle altre (saltare giù dal letto), ma non tutte: saltare già dalla macchina, nel senso di scendere dall’auto, si dice solo a Bologna (e forse in qualche altro dialetto settentrionale) e lo si dice anche quando parliamo il nostro curioso italo-bolognese. In questa lingua, tutta nostra, ma sopra tutto nel dialetto si usa “saltèr só” (saltare su), oltre che per “salire”, anche nel senso di “sbottare”, cioè quando qualcuno interviene bruscamente per dire la sua.