lunedì 8 ottobre 2007

AL MAICÀTT (n. 84)

Un cuntadén al vén a Bulàggna e al vól fèr un càulp ed vétta: al và int un bàr elegànt e als métt a séder. Al sént che tótt i cliént i àurdnen:
"Una granita all'amarena!" e ló, ch'an savèva brìsa cus'la fóss, l'àurdna anca ló: "Una granita all’amarena!".

Ch'al fiól ed bóna dóna dal camarìr, ch'l'avèva bèle inquadrè al sugèt, a gli d'manda:
"Ai mitàggna in vàtta d'la frùta?"
"Mó sè, ch'ai métta una pàira cóta!"

LA DÉGGA 33 (n. 83)

Dal dutàur, la sgnàura la se spóiia pr'una vìsita. Al dutàur, in st'mànter ch'al tìra fóra al stetoscòpi, al d'mànda:
"Quànt'àn èla, sgnàura?"
"Zinquantasì".
Al dutàur ai pógia al stetoscòpi int la vétta e al dìs:
"Dica 33!" e lì: "Sé, mó an i cràdd mégga inción!"

AL TARTAIÀN 2 (n. 82)

Un tartaiàn al và in giro con un só amigh dunaról e i incàntren divérsi ragàzi:

- Óu, èt ve-vésst ch'la bi-bi…
- Sé, ai ò vesst la biànnda!
- Óu, èt ve-vésst ch'la mò-mò…
- Sé, la mòra, a l'ò véssta!
- Óu, èt ve-vésst ch'la mé-mé..
- Mó sé ch'a l'ò véssta!
- A-alàura pa-parché l'èt pi-pistè?

UN PÈZ D’ANTIQUARIÈT (n. 81)

Un colezionésta al và da un'antiquèri e al tróva un césso franzàis ed làggn dal sizànt ch'l'é una maravàiia. Al càssta un óc', mó al fà d'vluntìra al sacrifézzi, parché l'é un pèz ónnich. Dàpp suquànt dé al tàurna da l'antiquèri e a gli dìs:

"Sèl che al césso al pózza?"
"Al pózza? Dàpp a tarsànt àn? L'é impusébbil!"
"Ai déggh ch'al pózza".
"Bàn a vóii v'gnìr a cà só a vàdder".

Arivè a cà, l'antiquèri al guèrda, al tàsta, al nèsa e pò ai d'mànda:

"Ch'al dégga, mó ló dàntr'a 'sté cesso i chèghel?"
"Mé sé".
"Ah, sssssócc'mel…….!"

PREPOTÀNZA (n. 80)

"Bàn, cus'èt fàt?" al dìs ón al só amìgh ch'l'é tótt fasè comm'una mómmia, "It andè sàtta a un càmion?"
"Stà bàn, à sàn stè a teàter a Bulàggna e i bulgnìs i én di gràn prepotént: i vól'n ufànder sàul làur!"
"C'sa vùt dìr?"
"A vóii dìr che ai éra un spetàquel con la Nilla Pizzi, e tótt i àn taché a dìri "Vipera", "Malafemmena", alàura mé ai ho détt "Bróta vàca".
"E alàura?"
"E alàura i m'àn cazè una fàta tamburè..."

I DÙ QUI PIÓ IMPURTÀNT (n. 79)

Al Càpo al fa una riuniàn di impièghè e al dìs:
"Sintì mò ragàz, l'é inóttil ch'a fàggna tànti ciàcher. Qué i quì veramànt impurtànt i én du: ón l'é la memòria e ch'l'èter… bòia d'un Giuda, an m'l'arcórd pió!".

DIALETTO E…ARCHEOLOGIA

Sono due cose molto diverse, eppure apparentemente c'è un filo quasi invisibile che le unisce, tante sono le peculiarità in comune. Archeologia intesa come quelle città d’antico splendore, ridotte oggi a piccoli ed anonimi villaggi o addirittura ad ammassi di rovine, proprio come alcuni dialetti che sono ancora abbastanza vivi (i dialetti veneti al Nord e quasi tutti quelli del Sud), mentre altri sono in via d'estinzione come il mio caro bolognese e quasi tutti i dialetti del Nord e altri ancora già estinti.
Perché una città muore e perché un dialetto sparisce? Perché la loro funzione, un tempo importante e vitale, viene a mancare. Selinunte, Segesta, Sibari (tanto per fare tre esempi…con la lettera "s"!) un tempo antiche e potenti, sono oggi cumuli di pietre e oggetto di turismo e di studi e il bolognese, un tempo parlato da tutto il popolo e da molti cosiddetti "signori", viene usato oggi sì e no dal 25% dei bolognesi ed è parlato nemmeno troppo correttamente. Non è ancora ridotto come Selinunte, ma è sulla buona strada, tanto che già oggi è oggetto di studio ed, ahimé, di… turismo! Arrivare a Selinunte, scendere dall'auto e scattare un paio di foto non significa conoscere la storia di quell'antica città e questo è il grande limite del turismo di massa, quando esso si riduce a qualche foto da attaccare ad un album e al vanto di dire agli amici che si è stati in quella città.
Così il dialetto: c'è chi lo parla ancora, vuoi per ignoranza, vuoi per necessità di farsi comprendere da chi non parla altro, vuoi per spirito d’appartenenza ad un'area linguistica precisa, dove il dialetto significa confidenza, simpatia e anche complicità. C'è chi lo ostenta come un pezzo d'arte raro, chi vuol far credere d'essere ciò che non è mai stato e lo parla (spesso male) anche quando non è il caso. Ecco, questo è ciò che io chiamo "turismo dialettale" e talvolta non è nemmeno turismo, ma vera e propria "truffa" da parte di chi ci specula! C’è chi va a riesumare termini come "ruglàtt" (gruppo, capannello) ormai in disuso, per poi tradurre inconsultamente la parola "banana" in un mai esistito "banèna", e questi sono esempi che ho sentito con queste orecchie! Gli ultimi grandi studiosi veri del dialetto bolognese (Menarini, Cristofori, Vianelli, ecc.) purtroppo non ci sono più e così la vera storia di Bologna e della sua parlata non viene più approfondita, come se nessuno più s'interessasse della vera storia di Selinunte, e sono rimasti i "turisti", cioè chi fotografa semplicemente le rovine e si propone quale esperto della Magna Grecia. Le differenze principali tra queste categorie sono due:
1) lo studioso sacrifica tempo a leggere, a cercare, a dedurre ed a capire, mentre il turista vuole fare in fretta e vuole trovare la "pappa" già fatta.
2) lo studioso si avvicina al dialetto con rispetto e con cautela, mentre il turista lo addenta golosamente e sfacciatamente, con quella supponenza e quella superficialità che, del resto, sono tipiche della gente di oggi.
La morale è semplice: se io non posso essere uno studioso per miei limiti culturali o altro, non debbo nemmeno spacciarmi per quello che non sono e pertanto al dialetto (come alla città antica) mi debbo avvicinare con amore e consapevolezza, oppure mi debbo rassegnare a fare da spettatore o da lettore di chi sa veramente: un ruolo che oggi apparentemente nessuno è più capace d'interpretare, affetti come sono molti da manie di protagonismo!
Tuttavia c'è sempre chi abbocca e, in questo senso, nulla è cambiato dai tempi in cui i ciarlatani vendevano panacee d'ogni genere sulle piazze. Forse perché finché il dialetto era mezzo usuale di comunicazione, c'era curiosità di conoscere altri dialetti ed altre lingue, mentre oggi che viviamo in un clima di globalizzazione, c'è il desiderio di tornare alle origini, di riscoprire le proprie radici…ed è qui che entrano in ballo i ciarlatani!
Perché il bolognese sta scomparendo? Perché ormai tutti parliamo in lingua e non ne abbiamo più bisogno, perché è difficile da pronunciare ed è troppo diverso dall'italo-toscano, perché sono ormai troppi i forestieri che vivono in città, perché…tutto passa, tutto si trasforma, anche la nostra stessa lingua ed anche il dialetto stesso: è inutile usare le stesse parole che usavano i nostri nonni (anche il caro "pulismàn" si sta avviando ad essere chiamato "véggil"). Il bolognese dell'ottocento non usa sempre gli stessi vocaboli di quello del novecento e queste pur piccole differenze sono quelle che denunciano il "turista", il quale, di solito, fa una grande confusione. Certo, quando leggiamo opere antiche, occorre calarci in quel mondo, mentre se parliamo oggi è stonato dire "a tói migh una béssa galèna", poiché oggi si dice "a tói con mé una tartaruga", ciò che è molto più vicino all'italiano, ma che resta dialetto bolognese, parlato correntemente da chi non ha la mania di volersi esibire.
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Paolo Canè

Proverbio n. 125

Èser cùl e camìsa.
Essere molto amici.

Proverbio n. 124

Èser cómme una scuràzza silenziàusa.
Dicesi di chi trama nell’ombra.

Proverbio n. 123

Èser cómme al cavàl ‘d Scàia ch’l’avèva 36 mèl sàul sàtta la có.
Essere di salute cagionevole.

Proverbio n. 122

Èser cómme al bùs dal cùl.
Non valere nulla.

Proverbio n. 121

Èser brótta ch’me i sù bisóggn.
Una donna particolarmente brutta.

LE CURIOSITA' DI BOLOGNA

Leggendo, sfogliando e studiando qua e là le cose scritte su Bologna, s'incontrano sovente notizie a volte tragiche, a volte comiche, a volte note, a volte meno note. Tempi nei quali la morale era più castigata, le leggi più dure, la gente più ingenua e la satira politica meno velenosa. Ne riporto alcune qui di seguito, a caso.

SETAIOLI: era una potente Arte, che aveva portato fama e benessere alla città e che aveva alcune regole ferree. L'arte dell'allevamento dei bachi e della produzione della seta nasce in Cina, dove il segreto era custodito gelosamente e da dove, pare, fu introdotto in occidente da alcuni…frati "contrabbandieri" che avevano nascosto le uova dei bachi nei loro bastoni cavi! A Bologna si volle ugualmente custodire il segreto e chi lo avesse diffuso, veniva addirittura condannato a morte! Ciò nonostante ci fu qualche altro "contrabbandiere" che lo rese noto a Lione e, da quel momento, la nostra città perdette il primato della produzione della seta a favore della città francese.

PROSTITUTE: ho già ricordato che il primo bordello di Bologna era, almeno dal 1382, alla Corte dei Bulgari (Galleria Cavour) e fu sloggiato probabilmente quando decisero di costruire la nuova sede dello Studium (Archiginnasio), così le "signore" dovettero trasferirsi nella Torre dei Catalani (Vicolo Spirito Santo, che ebbe anche il nome di Via del Bordello). Ma credo che ci restarono poco, poiché furono di nuovo sloggiate dai Padri Celestini della vicina chiesa (secondo alcuni nel 1520, secondo altri nel 1523). Il "più antico mestiere del mondo" non ha mai avuto vita facile: le prostitute (a Bologna) erano costrette ad indossare abiti con una larga fascia bianca, ornata con rose nere e campanellini, non solo, ma dovevano restare rinchiuse, sbracciandosi dalle finestre per richiamare i clienti, ed uscire una volta la settimana soltanto. A quelle che disobbedivano, veniva tagliato il naso! Se fosse ancora così, pensate a quanti campanellini e a quanti nasi tagliati! Poi le "case" si sono sparse un po' dovunque (le Vie Falcone, Bertiera, delle Oche, S.Marcellino e tante altre, ancora ricordate dai nostri padri), finché un giorno non arrivò la senatrice socialista Merlin che vuotò le "case" e riempì le strade di prostitute, di "papponi" e di malattie! A lei sì che avrebbero dovuto tagliare il naso!

SOFISTICATORI: specialmente quelli del ramo alimentare venivano messi alla berlina (via omonima, ora Alessandrini) con una morsa sulle labbra, affinché non potessero parlare. Anche i debitori subivano la gogna nella loggia del Palazzo della Mercanzia, senza contare il numero delle frustate o dei "tratti di corda" (Via della Corda, ora scomparsa) comminati ai trasgressori delle varie leggi.

PENE: a chi tagliava gli alberi o danneggiava le "chiaviche" in via dell'Osservanza (ma probabilmente anche altrove) venivano comminate multe di 100 scudi d'oro! Considerando le pene fin qui descritte, oggi dovremmo essere contenti d'incorrere soltanto nelle multe per divieto di sosta!

CASE POPOLARI: le prime furono costruite in via Broccaindosso ai n. 7,8 e 11. Erano le prime "case per gli operai" costruite già nel '600!

UN PASSAGGIO FRA LE DUE TORRI: nel 1353 (una cosa che pochi sanno) il governatore visconteo Giovanni da Oleggio, fece costruire un castellaccio di legno a 30 metri d'altezza, che collegava l'Asinelli con la Garisenda, allo scopo di meglio controllare la sottostante Via Emilia; già nel 1350 i Visconti avevano fatto chiudere anche gli sbocchi di P.za Maggiore con pesanti portoni di legno: erano falegnami?

MONTE ARMATO: l'antica e spoglia Abbazia del X-XI secolo che è nota a pochi, che sorge nella località omonima (sulla strada per Monterenzio) e che è stata restaurata alla "bene e meglio", ma che vale la pena di visitare (chiedere la chiave alla signora che abita di fronte!), fu dei Padri Benedettini Vallombrosani, lo stesso ordine a cui era stato affidato il lebbrosario di S. Michele de'Leprosetti, attestato fin dal 1070.

BILINGUISMO: a Bologna c'è sempre stato un regime di bilinguismo. Il popolo ha parlato per secoli il dialetto, mentre gli intellettuali parlavano prima il latino classico e poi quello cosiddetto "basso" o "medievale" (e prima forse anche l'etrusco!). Quelli che noi chiamiamo "Galluzzi e Carbonesi", li troviamo spesso scritti in latino medievale "Galutiis e Carbonensis", mentre forse già allora la gente li chiamava "Galózz e Carbunìs". Più tardi, mentre il popolo continuava col dialetto, gli intellettuali adottarono l'italiano ed è forse quello che stiamo vivendo il tempo in cui, tramontando il dialetto, si sta raggiungendo l'unità linguistica! Tuttavia è molto difficile sapere oggi quale dialetto usasse il popolo bolognese prima dell'arrivo dei romani: pagherei una cifra per saperlo!

IL PIER CRESCENZI di Via Garibaldi, i cui banchi ho avuto il privilegio di scaldare per 5 anni, è ora parte del Tribunale, ma fu un convento (credo dei domenicani) che Napoleone adibì ad altri usi (come fece per almeno altri 700 conventi e chiese della nostra città). Durante i recenti restauri si è scoperto che, sotto la sottile mascheratura ottocentesca, ci sono tracce risalenti al '400 e altre al '200, proprio il periodo in cui, in quel luogo, San Domenico di Guzman fondò l'Ordine dei Domenicani.

SATIRA POLITICA DELL'OTTOCENTO: a metà dell'Osservanza, la Villa di Mezzaratta (cioè metà salita) era del Presidente del Consiglio Marco Minghetti, e era méta di grandi personaggi della Destra Storica, ma anche della cultura. L'impenitente idealista hegeliano e romagnolo Alfredo Oriani, compose questa gustosa strofa:

La strada del potere è mezzoritta
E mentre alcun la sale in mezz'oretta
La falange di Destra mezza rotta
È costretta a fermarsi a Mezzaratta.

PAPI, ANTIPAPI, SANTI, BEATI e ANTICLERICALI: Papi bolognesi ne abbiamo avuti cinque, dei quali ho già parlato. Nessun antipapa, ma il greco Alessandro V morì nel 1410 a Bologna (infatti, proprio in quell'anno, Bologna fu sede antipapale) ed è sepolto in San Francesco. L'antipapa napoletano Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa) fu invece canonico della Collegiata di Via Galliera, insieme a Prospero Lambertini, futuro Papa (vero) col nome di Benedetto XIV. In quel periodo i Papi erano addirittura tre e vennero tutti esautorati al Concilio di Costanza, in favore del nuovo e unico Martino V. I bolognesi sono sempre stati insofferenti al dominio clericale, fin dai tempi di Bertrando del Poggetto, fin da quando, nel 1390, la Chiesa conquistò il governo della città e ancora nel 1506 quando lo riconquistò: basti pensare che nel 1874 (15 anni dopo la fine del potere temporale) la P.zza S.Domenico fu chiamata P.zza Galileo, per puro anticlericalismo! E credo che quest'antipatia sia il brodo primordiale in cui si sono sviluppati il socialismo e comunismo locale! Eppure abbiamo anche avuto Santi: i Santi Vitale e Agricola (il servo e il suo padrone) che furono martirizzati dai romani, i vescovi San Zama e più tardi San Petronio, San Procolo e Santa Caterina de' Vigris, la più nota santa bolognese, Santa Clelia Barbieri oltre ai Santi Francesco e Domenico (associati ai patroni). Poi il Beato Nicola Albergati, Beata Imelda Lambertini, la domenicana Beata Diana degli Andalò, Beata Lucia di Settefonti, Beata Mersina Lambertini (in ritiro nella cappella che diventerà S.Maria dei Servi nel 1345), Beato Carcano (colui che fondò il Monte di Pietà), Beato Bartolomeo dal Monte, Beato Giacomo da Ulma e forse qualche altro. Beati loro!

LA CULLA DEL DIRITTO E DELLA MEDICINA: l'antica Università fu la culla del diritto civile (dai Codici romani di Giustiniano), mentre in quegli anni, o poco dopo, Parigi fu famosa per il diritto canonico e Salerno per la Scuola di Medicina.Tuttavia a Bologna il monaco Graziano, giunto all'Abbadia nel 1151 da Ficulle, emanò il "Corpus Gratiani", il primo che costituì il raccordo tra diritto canonico e diritto civile. Invece Taddeo Alderotti sviluppò gli studi della Scuola Salernitana e Mondino de' Liuzzi, nel 1315, fu il primo "perito settore" della storia.

SUSSULTI BELLICOSI: i bolognesi sono pacifici (oggi), ma in passato sono stati molto più turbolenti. Sarà che le sconfitte si dimenticano facilmente (gli sciovinisti francesi non sanno nemmeno più dove sia Alesia, che vide la sconfitta definitiva di Vercingetorige!), ma Bologna può vantare almeno quattro prestigiose vittorie: quella della Fossalta sugli imperiali di Re Enzo, quella di San Ruffillo su Bernabò Visconti, quella di San Giorgio di Piano/San Pietro in Casale, sempre sui Visconti guidati da Dal Verme e quella "navale" (incredibile) sul Po di Primaro, niente meno che sulla Serenissima Repubblica di Venezia! Argóii bulgnàis!

IL LANZICHENECCO GIGANTE: Nella ex Chiesa di San Lorenzo Diacono (ora abitazione civile) è sepolto il fiammingo Antoine Pepolier alto mt. 2,66 (che alcuni hanno… "allungato" fino a 2,70!). Morì di peste portata dall'invasione degli stessi Lanzichenecchi, che fu organizzata da Carlo V come gentile dono al Papa e all'Italia!

MA DOVE HAI LA TESTA? (Wo denn hast Du dein Kopf?) Così avranno pensato i tedeschi di Dresda guardando la grande statua acefala del loro Museo. L'archeologo tedesco (ma poteva essere altrimenti?) Furtwängler provò che quel corpo si adattava perfettamente alla testa dell'Atena Lemnia (copia romana di Fidia) che conserviamo nel nostro Museo Civico!

L'ASPASIA DI VIA SAN VITALE: così qualcuno soprannominò Cornelia Martinetti, moglie dell'ing. G.B.Martinetti (ma forse il…cornelio era lui!), che fu amante del Canova e forse anche di qualcun altro dei grandi personaggi che frequentavano il suo salotto: Foscolo, Leopardi, Monti, Stendhal, Chateaubriand, ecc.
Fece di tutto per avere anche Lord Byron, ma senza successo! Ingorda!

DAL "NOIR" AL "ROUGE": quando Bologna s'innamorò dell'Africa sotto la influenza di Mussolini, intitolò molte strade a certe imprese che ricordavano il Continente Nero e la follia coloniale: Via Dogali, Via Homs, Via Derna, Via Tripoli, Via Bengasi, ecc. Ora tali strade rispettivamente si chiamano: Via Gramsci, Via Palmieri, Via Sante Vincenzi, Via Paolo Fabbri e Via Bentivogli. Gramsci sappiamo tutti chi era, ma chi erano gli altri? Solitaria ed unica (come la lapide "fascista" che ricorda Pascoli in Via dell'Osservanza) resta Via Libia e quella almeno sappiamo cos'è.

AMORE E SOLDI: lo squattrinato studente Jacopo da Valenza rapì l'innamorata e ricca Giovanna Zagnoni e fu condannato a morte. Gli studenti, per protesta, lasciarono Bologna ed emigrarono alle Università di Faenza e Pisa. Toccati nel portafoglio, tutti coloro che avevano sempre speculato sugli studenti, guidati dal Papa preoccupato, si mobilitarono e fecero fare marcia indietro al Podestà Giustinello: la pena fu revocata, gli amanti (forse) si sposarono, furono costruite due chiese a memoria, gli studenti tornarono e i bolognesi ricominciarono a fare quattrini!

MORTO PER ECCESSO DI STUDIO: un certo Procolo, forse unico caso nella storia dell'umanità, morì per questo motivo! A ricordo c'è una strana lapide scritta in latino sul muro della chiesa di S.Procolo, in Via D'Azeglio, alla quale molti hanno tentato di dare un senso, ma nessuno è sicuro. Più che un rebus, sembra una formidabile presa per il…naso che dura fin dal 1393!

IL FANTASMA DEL BORGO DI SAN PIETRO: è il titolo del primo romanzo di appendice pubblicato dal Resto del Carlino nel 1885, anno della sua prima uscita.

UN ANTICO VIZIO: già nel XIII secolo, Papa Clemente III scrisse a Gerardo, Vescovo di Bologna, affinché "si adoprasse per frenare il prezzo degli affitti". Cosa succederebbe oggi se Prodi scrivesse una lettera simile a Cofferati?

UN ANTICO OSPEDALE: la laica Suor Dolce istituì in Via Falegnami il primo ospedale per infermi e viandanti: medici senza frontiere "ante litteram".

MAFIOSI DI UN TEMPO: la famosa "Balla Grossa", organizzazione criminale che si occupava del contrabbando delle carni macellate e che aveva "sede" fuori San Mamolo, diede molto filo da torcere agli inquirenti, i quali impiegarono anni per sgominarla. In Via del Falcone c'era una "scuola di borseggio" che aveva tra i suoi più eminenti allievi certi Manina d'oro e Tappo. Certa Lisca del Falcone portava la figlia a battere sui viali, col divieto (peraltro rispettato) che le toccassero il seno. Tristemente famosi anche i "biricchini" di Borgo San Pietro e la "banda della Sega dell'acqua" che, rinnovandosi, imperversò per ben quattro secoli. Ma c'è di peggio: Battista Canetoli, dopo aver ferito Floriano Griffoni in un agguato e saputo che si sarebbe salvato, mandò i suoi sicari in ospedale per finirlo! Che cosa c'è di nuovo nelle attività e nei metodi della mafia moderna?

INQUISIZIONE: anche Bologna ha avuto il suo Savonarola, il suo Torquemada. Si tratta di Tommaso da Vicenza che guidava l'Inquisizione in città, ai tempi nei quali si doveva stare molto attenti a ciò che si faceva o che si diceva. Ci scappò qualche morto arso vivo, qualche altro impiccato, molte torture e molte fughe, alla faccia del Sant'Uomo di turno che saliva al Soglio di Pietro, i cui immemori successori sono diventati paladini della pace e della non violenza. Perfino il Teatro Anatomico dello Archiginnasio aveva una finestrella in alto, dalla quale i censori della (chissà poi perché “Santa”) Inquisizione, controllavano ciò che i docenti insegnavano.

L'ANTICO FELTRINELLI: anche Bologna, il 12/08/1547, ha avuto il suo Feltrinelli, ulteriore dimostrazione che non c'è mai nulla di nuovo sotto il sole. Certo Biagio da Stuffione, incaricato di far saltare la casa di Lippo Ghisilieri, riuscì nell'intento, ma perì nello scoppio. Il famoso editore ha trovato compagnia nel girone dei "maldestri".

LA PRECAUZIONE NON E' MAI TROPPA: Cavalcavia e voltoni disseminati nel ghetto, permettevano agli ebrei di passare da un edificio all'altro,senza dover scendere in strada, poiché, anche allora, per loro non tirava buona aria.

FESTE: quelle di una volta erano belle perché non si facevano tutti i giorni come oggi. Ho già accennato a quella della "porchetta", durante la quale venivano gettati sulla folla non solo cibi e monete, ma anche e incredibilmente paioli di brodo caldo, pochi sanno che nell'attuale Piazza San Domenico, oggi luogo di misticità e…di parcheggio, ci fu un tempo il Luna Park, con tanto di giostre, tiro a segno e baracconi.

SACRO E PROFANO: Filippo Raffaelli riporta un gustoso aneddoto (quasi una barzelletta) che risale ai bei tempi nei quali le famiglie andavano a fare il picnic a San Luca. Una maestra diede un tema sull'avvenimento col titolo "Cristo e noi". Il Pierino di allora raccontò che lui e papà si erano allontanati, mentre la mamma e la sorellina avrebbero dovuto preparare le vettovaglie. Sennonché, quando tornarono, videro che esse avevano già mangiato tutto. E papà esclamò: “Cristo, e noi?".

LUNGIMIRANZA: ai tempi della dura dittatura papalina, i Frati dell'Osservanza furono i primi a cercare un dialogo con gli umanisti per mettere d'accordo le "lettere" divine con quelle umane e questa non era certo cosa da poco, allora.

SERVI E PADRONI: curiosamente, destini uniti tra Vitale e Agricola (suo servo) che, come detto, furono martirizzati insieme e tra G.Brunelli che scolpì un telamone di Palazzo Davia- Bargellini e F. Agnesini (suo domestico) che scolpì l'altro!

RE E POETA: Re Enzo (il cui nome originale Heinz von Hohenstaufen suona molto meglio!) era, come suo padre Federico II, uomo di potere, ma anche di lettere. Quando svanì il potere, per via della prigionia, restò il poeta, il quale, tra l'altro, scrisse questi bei versi:
Va' canzonetta mia salutami Toscana
quella che è sovrana in cui regna tutta cortesia.
E vanne in Puglia piana la magna Capitana
là dove il mio cuor è notte e dia…
(Mi chiedo quanti italiani amino l'Italia come l'hanno amata questi due tedeschi!)

UN GENIO INCOMPRESO (O INCOMPIUTO?): sempre Raffaelli ricorda un fatto riportato dal "Carlino" nel 1885. "Una meraviglia. Non possiamo chiamare in altro modo la signorina Augusta Bollmann, una poverina nata senza braccia, che mangia, scrive, si pettina, suona il piano ed esegue finissimi ricami coi piedi". Viene da chiedersi cosa avrebbe fatto se avesse avuto le braccia.

BRONZO INQUIETO: si sa che una volta erano più preziosi i materiali della mano d'opera, ma credo che a Bologna abbiano esagerato! Giulio II fece distruggere P.zzo Bentivoglio e fece usare a Michelangelo il bronzo della campana per la sua statua, ma sei anni dopo i francesi distrussero la statua e, con lo stesso bronzo, il Duca di Ferrara fece una bombarda che chiamò "Giulia". Nel giro di pochi anni da campana (strumento di fede) a bombarda (strumento di morte), attraverso la statua di un Papa il quale, a quei tempi, significava l'una e l'altra!

TRAFFICO: il Viazzolo degi Angeli (oggi Vicolo Viazzolo), fu la prima "isola pedonale" del XV secolo! I frati posero alcuni "fittoni" verso via Castiglione proprio per impedire il transito delle carrozze! La Chiesa è sempre all'avanguardia!

LA BELL'EPOQUE A BOLOGNA: ormai quasi più nessuno ricorda l'Eden-Kursaal, un "café chantant" in Via Indipendenza, ora scomparso, nel quale si sono esibiti i più noti personaggi del tempo, quelli che allora si chiamavano "vedettes" ed ora "stars".Calpestarono quel palcoscenico la Belle Otero, famosa ballerina, Maria Campi (colei che inventò la "mossa"), Gino Franzi (il superpagato interprete di "Scettico Blu"), il famoso cantante napoletano Gennaro Pasquariello e molti altri ancora.

NOMI DEI BOLOGNESI: in questi anni, tra i nuovi nati, assistiamo all'inflazione di nomi come Luca, Matteo, Andrea, ecc. ed è strano che, nella città petroniana, a nessuno venga imposto il nome di Petronio!
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Paolo Canè