lunedì 21 gennaio 2008

BOLOGNA SCOMPARSA

Si è scritto molto nel XX° secolo (ma anche nel XIX°) sulla Bologna "che scompare", come del resto anche sulla Roma, sulla Parigi, sulla Londra, ecc. Il fatto è che ci sono e ci saranno sempre una Bologna (o una Roma, o una Parigi) "che scompariranno" per il semplice motivo che tutto cambia e che niente resta com'era prima! Noi tendiamo a credere che, prima dei nostri tempi, la nostra Bologna sia sempre rimasta uguale a se stessa e che solo ora stia cambiando, per via dell'alfabetizzazione, dell'istruzione, della televisione, della globalizzazione o di qualsiasi altra moderna diavoleria, ma la realtà è diversa. Noi tendiamo a rimpiangere tutto ciò che è passato (specialmente man mano che diventiamo vecchi), come se il passato fosse sempre stato migliore e che "nuovo" fosse sinonimo di "peggio", ma sbagliamo. Per questi motivi, forse, molti di noi, così occupati a rimpiangere ciò che non c'è più, si perdono il piacere di ciò che resta o di ciò che è nuovo, ma non necessariamente peggiore. La città dei nostri figli non è più uguale alla nostra e già la nostra era diversa da quella dei nostri genitori e dei nostri nonni, però tutti indistintamente hanno finito per trovarsi a rimpiangere i "bei tempi andati", la "cara Bologna che non c'è più"!

Montagne di libri sono stati scritti su questo argomento: il dialetto che sta scomparendo, le strade che cambiano, i nuovi quartieri che si mangiano la campagna, gli immigrati (vicini o lontani)che superano il numero dei petroniani "d.o.c.", i locali pubblici, l'architettura, i diversi stili di vita. Insomma, proprio tutto!
Non dovremmo. Dovremmo invece accettare ogni nuova realtà e magari studiare, esaminare e ricordare le diverse realtà passate, ma senza rimpianti anche perché noi stessi non saremmo più adatti a quella Bologna "che non c'è più". Si potrebbe dire che la nostra città (e del resto anche tutte le altre) sia sempre stata diversa in ogni secolo e che perciò, dalla sua fondazione, siano esistite almeno una trentina di…"Bologne" diverse!
Guardando indietro nella storia, per la verità, troviamo situazioni che non sono affatto da rimpiangere: si può avere nostalgia della miseria, della ingiustizia, della prepotenza dei potenti, delle invasioni barbariche, delle decine (almeno trenta) di ondate di peste che hanno decimato i bolognesi dal X° al XV° secolo? Certo che no! E, anche venendo a tempi recenti, si può avere nostalgia del dialetto dei nostri nonni, delle "mistocchinaie", della diffusa scarsa cultura, delle rudimentali apparecchiature, della scarsa qualità della vita, le cui ultime manifestazioni alcuni viventi hanno fatto in tempo a conoscere?
Forse sì, ma più che nostalgia io direi tenerezza, per tutto ciò che, francamente, pochi di noi sarebbero disposti a condividere oggi!
Dunque studiare, approfondire, ricordare, cercare di capire, trovare antiche radici che hanno dato origine a molte cose della Bologna d'oggi, ma non piangersi addosso per una città che è inevitabilmente cambiata.

Si può, si deve essere fieri del suo splendore in età comunale,dell'operosità dei suoi cittadini che resero famosa Bologna, ai primi posti in Europa, per l'industria, il commercio, la meccanica (madre del primato che ancora oggi detiene per la produzione delle macchine automatiche),l'agricoltura, le arti, il prestigio della più antica Università del mondo occidentale, la lungimiranza del suo spirito corporativo (padre del buon funzionamento delle varie cooperative, le quali pare siano le uniche a funzionare oggi in Italia), della fama della sua cucina e di varie attività minori per numero, ma non per qualità. Poche sono le cose delle quali non andare fieri: la breve e non eclatante esistenza di una Signoria che non è riuscita ad attirare artisti e tesori, come fecero ad esempio i Medici, gli Este o i Gonzaga, l'aver troppo a lungo sopportato il giogo della sterile e bigotta dominazione della Chiesa, a due passi da Modena, Ferrara e Firenze e, forse, l'essersi lasciata coinvolgere da passioni politiche che non sempre sono state qualificanti. Ma certo c'è stato molto più di buono che di cattivo. Ciò che si potrebbe rimpiangere del passato è la distruzione che l'uomo ha perpetrato nei confronti delle opere d'arte, ma è un male comune, poiché lo spirito di conservazione delle antichità è nato soltanto di recente e da sempre l'uomo (ben più che le calamità naturali) ha distrutto le cose belle, ha utilizzato materiali di valore per costruire ciò che non sempre ha avuto altrettanto valore. Sono rimpianti inutili, poiché non c'è riparo e si tratta di beni perduti che nessuno potrà mai più recuperare: la distruzione di Palazzo Bentivoglio, per esempio, che le cronache descrivono come una delle più splendide dimore mai viste ed anche la distruzione di torri, porte, palazzi, fortezze ed altro, a causa di guerre, di incuria o vandalismo, opere che, se fossero rimaste, avrebbero dato maggior lustro a quella che, peraltro, resta una delle città-gioiello più preziose d'Italia.

Questi "misfatti" del passato possiamo anche perdonarli, poiché gli antenati erano troppo pressati da urgenti problemi di sopravvivenza ed ancor troppo ignoranti per poter apprezzare le cose belle. Ciò che non possiamo perdonare è il vandalismo di tempi recenti e ciò che non dobbiamo permettere è che ciò si verifichi ancora in futuro! Mi riferisco al secolo appena trascorso: pare impossibile che nel corso dei primi anni del '900, a partire dall'amministrazione Dallolio (1902), si siano abbattute alcune porte e, in gran parte, le splendide mura medievali allo scopo di "rendere la città più moderna"! E, più che impossibile, fu criminale, nel 1917-19 (!), l'abbattimento delle torri millenarie Artenisi, Riccadonna, Guidozagni, Tantidenari e altre, per far posto (le prime tre) a quel bruttissimo palazzo in angolo tra via Rizzoli e Piazza Mercanzia! Queste sì che sono cose da rimpiangere!
In questi ultimi anni, diverse pubblicazioni hanno trattato della "Bologna d'acqua", facendo riscoprire a noi posteri ciò che pochi ricordavano e che molti non sapevano, e cioè che la città ha avuto per secoli una fama simile a quella di Venezia, poiché attraversata da fiumi e canali che portavano ovunque acqua sia per il funzionamento di opifici che per il trasporto delle merci. E ci chiediamo, perché abbiamo voluto cancellare tutto questo? Non sarebbe servita anche oggi quella rete idrica per produrre energia elettrica e per trasportare merci in modo più economico ed ecologico, oltre che a conservare l'aspetto pittoresco ed a favorire il turismo? Già, perché? E la risposta è sempre la stessa: la speculazione. Dove c'erano i canali si sono costruiti palazzi e del resto è sempre stato così: non è vero che i portici, tanto apprezzati oggi, sono nati per sorreggere nuove abitazioni allo scopo di ampliare quelle esistenti e a scapito della strada?

Certo che sarebbe impossibile oggi riportare alla luce canali e porti, ma credo che sarebbe stato meglio lasciarli quando ancora si poteva, invece di abbandonarci completamente al petrolio per la produzione dell'elettricità e ai fin troppi camion per i trasporti! Sono lacrime di coccodrillo, poiché parlo di cose che in nessun modo potranno ritornare, ma mi sia almeno concesso di lamentarmi!
"Cosa fatta, capo ha", ma che dire dei tanti palazzi che avrebbero bisogno di urgenti restauri? Chi provvederà? Le Amministrazioni Pubbliche pare abbiano più attenzione per la politica che per l'arte, poiché in questo mondo moderno il profitto ed il potere hanno, ahimè, la precedenza sulla bellezza. Si criticò Rubbiani per la ristrutturazione di Palazzo Re Enzo, ma chi ha criticato l'insediamento di una profumeria nell'antica cappelletta di Santa Maria di Ponte Maggiore al "Pontevecchio" di Via Mazzini? Chi ha criticato i due discutibili rimaneggiamenti delle Case Tacconi in Piazza S. Stefano (1956-1961), quando già dal 1912 esisteva uno splendido progetto di restauro? Potrei continuare per ore, ma mi mangerei solo il fegato!
Indipendentemente dal colore politico, credo che l'Amministrazione d’ogni città dovrebbe dare priorità alla bellezza.

Non siamo più un Paese di poveracci, ma uno dei primi sette del Mondo e Bologna è una delle più belle città di questo Paese, abbiamo perciò già superato tanti problemi, come quello del pane ed anche del…companatico ed ora dovremmo avere il dovere di pensare alla bellezza, alla pulizia, alla funzionalità della nostra città, sia per migliorare l'ambiente in cui viviamo, sia per incrementare il turismo, sia infine per soddisfare l'accresciuto gusto per l'arte di un popolo che non è più insensibile e ignorante. Molti dei nostri giovani hanno fatto l'Università, hanno studiato musica al Conservatorio, hanno imparato l'arte al Liceo Artistico, perciò non sono più semplici "braccia per l'agricoltura" o "carne da cannone" per la guerra o "massa operaia" per l'industria: sono uomini colti (anche se la strada da fare è ancora tanta!) che hanno il dovere di conservare la bellezza e la necessità di fruirne! Ho, più che l'impressione, la certezza che i nostri Amministratori abbiano idee diverse e molto più arretrate delle nostre, poiché mi pare di notare un degrado che non si addice al nostro livello di vita. Dovremmo imparare a tenere conto di ciò, quando entriamo in cabina elettorale e essi dovrebbero cominciare a capire che per noi non basta vincere le elezioni, ma occorre vedere i risultati del lavoro di una classe politica che ponga in primo piano la qualità della vita, di cui l'amore e la conservazione dei beni culturali è parte integrante ed irrinunciabile. Si vedono certe cose, camminando per Bologna, da non credere. Mi pare di ricordare che Napoleone imponesse ai parigini di restaurare ogni edificio privato, pena multe o espropri, …ma quello era Napoleone! Io mi rendo conto che, in questa società libera, sia difficile andare intorno alla proprietà privata e alla libera iniziativa, ma credo che il "Potere", centrale o locale, dovrebbe imporre leggi adeguate, poiché, lasciando libertà alla cupidigia della gente, torneremmo ad avere i porci che camminano per le strade! Le periferie e le campagne limitrofe sono spesso in pietoso stato di abbandono, ma anche in città ci sono monumenti che hanno urgente necessità di restauro ed anche semplici fabbricati che non dovrebbero avere il diritto di mostrarsi così brutti agli occhi dei passanti e il Comune, in questo caso, dovrebbe fare qualcosa. Faccio un solo esempio: quel fabbricato che si erge, solitario ed orribile, all'angolo tra via Po e via Mazzini è un'offesa a Bologna! Andate a vederlo e dite se esagero! Si può tollerare un obbrobrio del genere?
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Nel bel libro "Vecchio e nuovo nel centro di Bologna" (Ed. Tamari 1967), Renzo Giacomelli descrive, con dovizia di particolari, di cenni storici e di foto i grandi lavori effettuati nel centro della città nei primi anni del '900 e poi anche nell'ultimo dopoguerra, nella parte centrale dell'antica via Emilia e cioè lungo le attuali Vie Rizzoli, Ugo Bassi e Piazza Nettuno. Non ho nulla da aggiungere a quanto già detto, se non alcune mie personali considerazioni. Oggi questa zona ha una sua ben nota fisionomia: strade larghe, bei palazzi ed alcuni importanti recuperi storici ed artistici, ma nel corso di quei lavori sono accaduti fatti che oggi forse avrebbero trovato non pochi ostacoli. La Bologna di un secolo fa in quella zona era un dedalo di stradine e di catapecchie che si erano ammassate nel tempo e che, se pure da un lato le conferivano un'atmosfera caratteristica ed antica, quasi un salotto, non soddisfacevano le esigenze di una grande città, in fatto di traffico, di praticità e di bei negozi.
Fu proprio questa esigenza che indusse l'Amministrazione pubblica a deliberare una serie di lavori, alcuni dei quali opportuni e ben fatti, altri, ahimè, sciagurati.Ottimo fu il recupero del Palazzo Re Enzo e degli spazi intono da parte del Rubbiani, necessarie furono le demolizioni delle baracche addossate al Palazzo Comunale e forse opportuno lo sventramento dell'attuale via Rizzoli, benché soltanto 60 anni dopo si sarebbe cominciata ad evidenziare la necessità di limitare (e forse presto vietare) la circolazione nel centro storico, ciò che avveduti urbanisti avrebbero anche potuto prevedere. Se fosse stato in me, io avrei lasciato il più possibile degli edifici, almeno nella parte esteriore, tranne quelli brutti o pericolanti, ma soprattutto avrei evitato la commistione tra antico e moderno. Non che il moderno non abbia valore, ma credo che debba esistere un centro antico il quale dovrebbe rimanere tale, mentre per il moderno c'è abbondante spazio altrove!

Saggio fu lasciare tutto un lato delle vie Rizzoli e Ugo Bassi intatto (a demolire parte di esso avrebbero purtroppo provveduto le bombe della ultima guerra), come anche lo spostamento della facciata del Palazzo della Zecca, mentre, come ho già accennato prima, fu criminale l'abbattimento delle tre torri Artenisi, Riccadonna e Guidozagni e non è solo un mio parere: almeno una decina di Associazioni culturali e Gabriele D'Annunzio si opposero fortemente, ma fu tutto inutile. Oggi avremmo potuto avere, oltre al recupero di tre importanti monumenti, uno spazio necessario al traffico e alla valorizzazione di un gruppo di torri unico al mondo!
Ma temo che la logica della speculazione, a scapito della bellezza, avrà sempre la precedenza: basti pensare all'Hotel Brun, nell'antico Palazzo Ghisilieri, distrutto dai bombardamenti solo 60 anni fa, al cui posto l'Amministrazione permise la costruzione di un discutibile edificio moderno, anziché obbligarne la ricostruzione almeno della facciata, poi dentro avrebbero potuto fare ciò che volevano!
Basti pensare a quel moderno edificio costruito in angolo con le vie Zamboni e San Vitale che non ha nulla a che fare con la bella facciata del Palazzo degli Strazzaroli, con la maestosità delle Due Torri e con la Chiesa di San Bartolomeo tutt’intorno!
È possibile che il mio pensiero, oltre che inutile poiché tutto è ormai stato fatto, sia anche utopistico ed anacronistico a giudizio degli urbanisti e degli architetti, se non altro perché queste commistioni sono sempre avvenute in ogni tempo ed in ogni Paese, ma avrei voluto che l'accresciuto amore per le cose antiche, la maggior sensibilità verso le arti portassero a mantenere stili simili in certe zone, in modo da non sovvertire l'identità di una città e di non mescolare, nello stesso punto, le testimonianze della sua storia. Un esempio di ciò che intendo è costituito dalla nostra bellissima Piazza Maggiore, alla quale stanno intorno 5 grandi edifici che risalgono press'a poco alla stessa epoca o debbo pensare che, se una bomba avesse malauguratamente distrutto il Palazzo dei Notai, al suo posto sarebbe sorto un grattacielo simile alla Torre Velasca di Milano?

Del resto il mio pensiero vale poco, così come in poca considerazione vennero tenuti a suo tempo ben più illustri personaggi bolognesi, per il solo fatto d'essere autodidatti e non accademici: parlo del grande restauratore Rubbiani e di un certo Marconi!
Non mi piacciono le Torri di Kenzo Tange, però in quel contesto che è tutto moderno (e che viene chiamato, chissà perché, Fiera District!), possono anche a stare bene; mentre resta solitario ed orribile il grattacielo vicino all'entrata San Vitale della Tangenziale! Se gli avessero costruito intorno gli altri grattacieli vicini, dove attualmente si trova l'Hotel Boscolo, avrebbero preso due piccioni con una fava:

a) avrebbero un poco mascherato la sua bruttezza e gli avrebbero dato un motivo per esistere in loro compagnia
b) si sarebbe evitato che queste nuove "torri" deturpassero la veduta del panorama per chi guarda dalla Tangenziale verso le colline.

Riuscirà un giorno la bellezza ad avere precedenza su interessi e politica?
In conclusione, nulla da obiettare o da rimpiangere per tutto ciò che inevitabilmente col tempo cambia, per tutto ciò che col tempo sparisce o si modifica, tranne che non si tratti di cose orribili o, peggio, di offese al patrimonio artistico della nostra città.
A riprova che non sono il solo ad essere in disaccordo con gli eccessi di modernità, ecco un aneddoto riportato dall'autore del libro R. Giacomelli:

Al tempo dei lavori per l'allargamento di via Rizzoli, Alfredo Testoni si trovava un giorno a conversare nel negozio di Augusto Galli che, oltre ad essere attore eccellente e impareggiabile interprete delle commedie testoniane, era anche un orafo pregiatissimo.
Il Galli ad un tratto gli chiese:" St'avéss dimóndi milión da invstìr, cuss'in farésset té?" e Testoni pronto:" Mé? Ai spindarévv tótt par turnèr a strichèr la via Rizòli!"

Ed ecco anche una poesiola composta dallo stesso Giacomelli a chiusura del suo libro che non parla espressamente dei lavori nel centro storico, ma che ugualmente lascia trasparire il suo pensiero in proposito:

C'ERA UNA VOLTA

Tànti cós i éra una vólta
che a cuntèrli pèr 'na fóla:
tótta róba ch'i s'àn tólta
fén da quànd andèv'n à scóla.

L'é pò vàira ch'i s'àn dè
i otomóbil, i reoplàn,
el tranvài par tótti el strè
con 'na móccia ed pulismàn.

Radio, Tele e Fot-in-bàl,
i "bichini" e ch'el stanèl
con la "musica legera"!

Róba bèla, sànza fàl,
mó, a pinsèri, as próva un quèl
ch'at fa dir:" L'é méii cumm l'éra!"
-
Paolo Canè

Proverbio n. 199

Tant as pózza p'r un ài quànt p'r una rèsta.
Un aglio come una resta…tanto vale!

Proverbio n. 198

Tàmp ed spìga, gnìnta fìga!
Niente rapporti di prima estate.

Proverbio n. 197

S't'vù vìver sàn, dórum da gàt e péssa da càn (chi è sàn, péssa ch'mé un càn).
Consigli di vita.

Proverbio n. 196

S't'vù mai che al cùl al guèrda l'érba!
Se vuoi campare!

Proverbio n. 195

Squizèr ch'me un'óca.
Dissenteria.

I PITTORI DI BOLOGNA (parte 1)

Sono qui elencati i principali pittori bolognesi e diversi altri non bolognesi, i quali però hanno lasciato opere nelle chiese e nei palazzi della città. I dipinti che si trovano esposti alla Pinacoteca sono citati solo incidentalmente e comunque solamente i più noti. Talvolta vengono indicati titoli delle opere, talaltra brevi note che parlano di lavori in genere o che riguardano la vita degli artisti.

Albani, Francesco
Battesimo in Pinacoteca (era in S.Giorgio in Poggiale)
Altri lavori in Pinacoteca
Beata Vergine di Galliera alla Madonna di Galliera
Sacra Famiglia alla Madonna di Galliera
Dipinti in San Bartolomeo e Gaetano
Gesù risorto Oratorio Madonna dell'Orazione (Via Parigi)
Pianto di S.Francesco Oratorio Madonna Orazione (Via Parigi)
Noli me tangere in S.Maria dei Servi
Storie dell'Eneide a P.zzo Fava
Anonimo del XVI sec.
Vergine con Bambino in S.Maria Regina Celi (V. Nosadella)
Anonimo del XVII sec.
Volto Santo - allo Spirito Santo (via Valdaposa)
Aspertini, Amico
Pitture in S.Giacomo Maggiore (P.za Rossini)
Pitture in S.Martino (P.za S.Martino)
Deposizione - porte laterali di S.Petronio (P.zza Maggiore)
Aureli, Ludovico
Appariz.Vergine a coniugi romani a Casa d.Clero (V.Barberia,24)
Avanzi, Jacopo
Crocefisso in Via del Cestello.
Barbieri, Francesco (il Guercino)
Vestizione di S.Guglielmo - in Pinacoteca
Apparizione di Cristo alla Madonna nella Basilica di S.Luca
Estasi di S.Filippo alla Madonna di Galliera
Padreterno in S.Maria dei Servi
Pitture in S.Paolo dell'Osservanza
San Tommaso in S.Domenico
(abitava in Via S.Alò, con A.Calvi, il Sordino, e i fratelli Baldassarre, Bartolomeo e Cesare Gennari, suoi parenti)
Basoli, Antonio
Affreschi alle pareti di P.zzo Ruini
10 affreschi in S.Domenico
Affreschi a P.zzo Tacconi (P.zza S.Stefano)
Affreschi della Cappella nella Basilica di S.Luca
Affreschi in S.Martino
Bonetti, Antonio
L'Aurora e la caccia a P.zzo Orsi (Via s.Vitale)
Bonini, ?
Storie di Bologna - Sala Farnese a P.zzo D'Accursio
Brizio, Francesco
L'andata al Calvario Oratorio Madonna Orazione (Via Parigi)
Brizzi, Alfredo
Pitture nel Salone del Podestà (1907)
Brustolon, Valentino (il Dalmato)
Lavori in P.zzo D'Accursio
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Paolo Canè

martedì 15 gennaio 2008

Proverbio n. 194

Spùd dal cócch.
La bava dei carciofi.

Proverbio n. 193

Spazèr's al cùl con un coriàndol.
Come fanno gli avari.

Proverbio n. 192

S'a pós caghèr quàssta….
Se può passare questa…

Proverbio n. 191

Ràmper i sunài (marón, bàl, zanétt, quaión, el scàtel).
Disturbare.

Proverbio n. 190

Quànd l'ària l'é ràssa, o ch'la péssa o ch'la sóppia.
Cielo rosso: pioggia o vento.

PAGANINO BONAFEDE E IL "THESAURUS RUSTICORUM"

Un interessante capitolo apparso sulla Strenna Storica Bolognese, edita a cura del Comitato per Bologna Storica e Artistica nel 1962, scritto da Agostino Bignardi, ci parla del nostro concittadino Paganino Bonafede o Bonafè (1310-1375 ca.).Chi era costui? Bologna gli ha dedicato una strada fuori porta Mazzini, ma non so se in tutta la città ci siano 10.000 persone che sanno chi egli fosse. Fu contemporaneo del Petrarca e "collega" del più famoso bolognese Pier de' Crescenzi, tuttavia anche di quest'ultimo i bolognesi sanno poco: io stesso, che ho frequentato per cinque anni l'Istituto Tecnico a lui intitolato, non sono mai stato informato su chi egli fosse e ho dovuto fare personali ricerche per sapere che fu un dotto ed eclettico concittadino, vissuto dal 1233 al 1321. Questi eccelse in varie discipline (medicina, diritto), ricoprì varie cariche (giudice, assessore) e nel 1305 pubblicò la monumentale opera Liber Ruralium Comodorum, ritenuto il codice agrario del Medio Evo, intorno al quale furono ridestati (dopo Virgilio) gli studi agrari a Bologna, ma anche in tutta la penisola ed io penso che si debba a lui l'antica tradizione agricola della nostra Regione. Dunque personaggio di notevole spessore, anche se oggi la maggioranza dei bolognesi sanno molto meglio chi siano Lucio Dalla o Gianni Morandi! Ebbene, il nostro Paganino, pur avendo trattato lo stesso argomento del Crescenzi, non ne aveva la statura né la cultura, tuttavia ci ha lasciato il suo Thesaurus che è valido sia per quanto concerne l'agraria e le tecniche di semina, coltura, concimazione, potatura e quant'altro di cereali, viti, olivi, ecc., sia perché esso fu scritto (55 anni dopo l'opera di Pier Crescenzi) in un linguaggio che, nonostante il titolo latino, è considerato il primo saggio di poesia didascalica volgare di tipo "rustico", poiché non è scritto né in dialetto, né in volgare illustre, ma in un linguaggio "nuovo" fatto in gran parte di forme dialettali bolognesi volgarizzate, come osservò il Vivarelli. Ed è proprio questo aspetto che mi interessa e del quale voglio trattare. Scriverò pertanto qui di seguito tutti i versi del Thesaurus riportati dal Bignami e ne uscirà un elenco di parole e di consigli frammentari, sui quali farò qualche commento.
Ritengo interessante e doveroso ricordare questi due bolognesi, diversi per la loro importanza, ma uguali nell'essere…ignorati anche dalle buone enciclopedie! Penso che non dovremmo essere tanto ignoranti e che qualcuno dovrebbe istruirci sui nostri grandi concittadini del passato: non è sufficiente dedicare loro una strada e basta! Ma vediamo Paganino:

Anni trecento e mile sesanta 1
dal comenzare della vera fede santa 2
de Cristo gratioso et benigno… 3
…tute le infrascritte cose… 4
…e del teren e del piantare 5
e d'altre bone cose che son da fare… 6
…de seminare secondo li tereni 7
terren crudegno, tufo, bisio over bertino, 8
dolce, forte, bruno, rosso over giallo… 9
il gran restudo, toxello, asarino e ciciliano 10
…ogni teren ch'è magro e fievole 11
senza letame è poco frutevole 12
…se un altro ben tu glie vo' fare 13
subito fa la stoppia arrare 14
e revolgere ella tutta dentro 15
che l'è un gran ingrassamento… 16
…quando la terra è troppo grassa 17
lo gran mai ben garnire lassa… 18
(il letame) dagliene spesso e poco per volta 19
Quando tu voi seminare formento 20
al primadizio sta sempre atento, 21
e però semina da setembre 22
com'è compide le vendeme. 23
Sichè semina adoncha primadizio 24
prima che venga el fredo e'l strizio. 25
Loda el serodan e tienti al primadizio. 26
…le biave c'àno la spica 27
altre biave da cornechie 28
o civaie o legumi (sitiola e vernia) 29
melega, miglio e panìco. 30
De la vigna e de la stasone del potare… 31
…de invischiare la vigna per le rughe, 32
del fare le proane, del piantare della vite… 33
…delo insedire de la vite.. 34
…perché lo grande aculturare 35
è quel che vigna fa frutare… 36
…e poi e piglia un poco con un dito 37
e ungi bene lo capo della vite 38
disotto dalli ochi ne lo capo novo 39
che li è di bisogno e li fa luoco, 40
e le rughe andar su non porano 41
a li ochi de la vite affarli dano. 42
Se taioli piantare vorai 43
come io dirò così farai 44
dico che l'insedire tu faci 45
inanci che 'l suchio suo t'impaci, 46
le sede se voleno spolenare 47
spesse volte e no 'l falare. 48
Zapare si è l'onguento 49
che tiene sano lo piantamento. 50
De li olivi; de le grane di olive chative 51
ogni arboro che voi aledamare 52
ledame schietto mai non li dare 53
ma meseda cun tanta terra in prima… 54
li olivi vechi si volon potare d'ogni seccume 55
…poi mitti su una stuora (le olive) 56
e ben d'intorno le fassa 'lora 57
sì che non tochino la terra né 'l muro. 58
Peri, prugni, meli, mandoli, mori, fichi, 59
persichi, nuci, muniache, nucelle. 60
…e nota ancora questa dotrina: 61
che ogni pianta picolina 62
se piglia più volintiera 63
che quella pianta ch'è grosiera, 64
e durerà più lungamente 65
e abij questo bene amente. 66
Molto se vol ben zapare 67
ogni pianta a remenare 68
quatro volte o tre almen l'ano 69
per le poce radice che ano, 70
e la terra sta allora amorosa 71
tu non li porissi mai far la miglior cosa. 72
Muri da fare perfeta foglia 73
che sia ruvida grossa e dura, 74
come de' essere de natura 75
per vermi da foliselli 76
che fina seta fazan quelli 77
alla primavera 78
quando gli stornelli fan de dui schiera. 79
Or tutte le cose che qui son ditte, 80
e che son qui notate e scripte 81
tutte quante son certe e proate, 82
e corrette e regolate 83
per Paganin de Bona fé 84
che le compose e disse e fé 85
per amaistrare quelli che men sano 86
da lui se tanto saver vorano. 87
Explicit thesaurus rusticorum. Deo gratias. 88


Sono poco meno di cento versi dei poco meno di mille scritti da Paganino che sono arrivati fino a noi. Non è questa la sede, né sono io qualificato per discutere di agronomia (per quanto le tecniche ed i consigli dati in materia siano validi ancora oggi!). Vorrei soltanto soffermarmi un poco sul linguaggio usato dal nostro concittadino che non è, come si è detto,dialetto bolognese e nemmeno italiano colto, come quello usato allora da pochi eruditi, tra i quali certo quel Pier Crescenzi che pare Paganino nemmeno conoscesse.
Del resto la maggioranza degli eruditi scriveva ancora latino che era e restava la lingua colta ufficiale e presumo che la stragrande maggioranza del popolo a quei tempi (650 anni fa) non sapesse l'italiano e non sapesse nemmeno questo "basso" volgare, il quale peraltro mi sembra molto più vicino alla lingua di Petrarca che non al dialetto dei bolognesi. Farò qualche nota interessante (e per me divertente!) su forme e parole scritte allora, le quali richiamano il dialetto che parliamo ancora oggi ed è a questo scopo che ho numerato gli 88 versi:
1-2-3: un modo complicato per dire che correva l'anno 1360 d.C.
8: "cudràggn" significa ancor oggi "coriaceo", "terreno cretaceo", mentre "bertén" (o “bartén”) è il nostro solo modo d'indicare il grigio, a parte il brutto "grìs".
10: "grano restudo" significa "aristato", cioè con una specie di spiga e forse il corrispondente termine dialettale, come altri, è andato perduto. E "tusèl" è ancor oggi un tipo di grano senza resta; "asarino e ciciliano" (forse siciliano) sono due tipi di grano duro.
16: "che l'è" in dialetto "ch'l'é". Buoni consigli per l'aratura.
19: lo stesso aveva detto il de' Crescenzi, ma può essere una coincidenza.
20: "formento" è forma più simile a "furmànt" che a frumento.
21: "primadézz" significa precoce e "atento" è il nostro "aténti"(una "t")
23: "compide le vendeme", cioè dopo la vendemmia.
24: "adoncha" più simile a "dànca-adànca" che a "dunque".
25: "strézz", screpolato anche se oggi è riferito soprattutto alla pelle.
26: qui cita un proverbio che è sopravvissuto nei secoli: "Lóda la lódla,mó tént al primadézz", cioè seminare anche avanti il tempo delle allodole!
27: "c'àno", nel nostro italiano colloquiale diciamo "c'hanno".
28: le cornechie (el curnàcc') sono i bacelli
29: "stióla" e "vérnia" sono le fave precoce e tardiva
30: "melega, miglio e panìco" sono tre cereali poveri d'allora. Oggi io conosco solo "méii" in dialetto, ma il primo ha dato origine ad un diffuso cognome (come "ligabò" e "bunèga" dei quali ho già detto in altra sede)
31: la stasone, derivato da "stasàn"
32: "rùgh" sono i bruchi nocivi alla vite, come le formiche e altri parassiti (le rughe)
34: insedire, cioè "insdìr", innestare in toscano!
40: luoco è quel "lùgh" ormai quasi scomparso che significa "il suo posto"
41: non porano, cioè non potranno, "in p’ràn (brìsa)" e mi piacerebbe sapere se questa doppia negazione già esisteva o se è entrata in uso dopo!
42: affarli dano, "a fèri dàn" (tutti consigli per fare il vischio).
43: "taiól" è la talea ancora oggi.
46: "suchio suo" e la linfa della pianta
51: "chative" è "catìvi", quasi che l'acca accentui l'unica "t" canonica!
52: "aledamare", mettere il letame e ci ricorda la nostra "aldamèra"
54: "meseda" traduzione da "màssda-armàssda" mescola.
55: "si volon" e infatti "is vólen"
56: "stuora" la stuoia che oggi si chiama "sturén"
57: "'lora" sarebbe l'aria o forse "l'óra" = l'ombra?
58 e 73: "muro" è il moro, il gelso, in dialetto unicamente "màur"
60: "pérsga", "mugnèga" frutti chiamati così ancora oggi che con le latineggianti "nuci" e "nucelle" trattai già in altra sede.
63: "volintiera" come "vluntìra" o "d'vluntìra" con la "a" finale.
66: "tenere amente" è il nostro "tént in amànt" cioè ricorda.
75: "come de' essere" ricalca "cùmm l'à da èser"
77: "fazan", facciano si dice ancora identico insieme alla forma "fàgan"

Io mi sono divertito a fare questa ricerca, non so il lettore! Certo che uno degli aspetti più affascinanti e misteriosi delle lingue e dei dialetti è il loro incrociarsi e mescolarsi ed il loro divenire nel tempo.
Non c'è, non c'è mai stato un giorno in cui qualcuno abbia detto:" Adesso stop col latino e parliamo tutti in italiano!", né ci sarà qualcuno che un giorno, qui a Bologna, dirà:" Stop col bolognese e parliamo italiano".Sono cose che avvengono gradatamente, quasi inconsapevolmente e direi automaticamente, secondo i grandi eventi storici che sanciscono il predominio o la decadenza di un certo idioma e l'insorgere di altri. Cose che dipendono dai diversi stadi di alfabetizzazione, di acculturamento delle genti. Solo a distanza di secoli possiamo dire:"Questo è latino, questo è dialetto, questo è italiano" (pur se tutti si trasformano lentamente), ma mentre viviamo il nostro tempo non ci accorgiamo dei cambiamenti, a meno che non ci si faccia molta attenzione!
-
Paolo Canè

mercoledì 9 gennaio 2008

Proverbio n. 189

Quànd la p'gnàta l'é al fùgh al cùl n'é mai a lùgh.
Occorre sempre sorvegliare il fuoco in cucina.

Proverbio n. 188

Quànd al pàil al fà al stupén, làsa la fìga e tach't al vén.
Quando i capelli incanutiscono, la miglior consolazione è il vino.

Proverbio n. 187

Quànd int la zèda i àn fàt un bùs…(i pàsen tótt).
Quando una donna ha fatto il primo sbaglio…

Proverbio n. 186

Quàll di trì pió lóngh.
Riferito a chi resta senza niente (metafora sessuale).

Proverbio n. 185

Pulidén…as la fé adós.
Per benino…non basta.

DA UN DOCUMENTO DEL XVIII° SECOLO

Un manifesto datato 1757,edito dalla famosa Stamperia Lello Della Volpe, riporta oltre 300 nomi di Comunità del bolognese, sedi di Masserie, con le relative distanze dalla città e loro varie direzioni fuori porta. Ma più interessanti sono i nomi!
Alcuni sono tali e quali a quelli di oggi, altri (almeno una cinquantina) sono spariti o almeno sono a me sconosciuti. Altri presentano curiose differenze, ma è difficile capire se esse siano dovute a veri e propri mutamenti del toponimo o ad errori dello stampatore. E' inoltre difficile stabilire se certi nomi siano stati tradotti dal bolognese alla lingua o viceversa, certo che il dialetto, notoriamente avaro di consonanti doppie, può averne influenzato la grafia, ad esempio: i centri di Miserazano, San Lazaro e Crespelano che oggi presentano la loro brava doppia.
Curiosa è anche la descrizione di alcuni centri omonimi, per i quali viene specificata la loro diversa collocazione, alcuni dei quali sono rimasti anche oggi, mentre altri non esistono più o almeno così risulta a me:
1) di sopra e di sotto: S.Agostino, Bagnarola, Casalecchio de' Conti, Liano, Labante, S.Martino in Argile, Ozano e Varignana
2) di piano e di montagna: Gaggio (oggi mi risulta solo Gaggio Montano), S. Giorgio (oggi mi risulta solo S.G. di Piano) e Sabbione
3) dentro e fuori: Alemanni e Sant'Egidio
Significativo è S. Matteo della Decima che viene distinto in "possessioni" e "comunale", in riferimento ai terreni che fanno parte del lascito di Matilde di Canossa (la nota "comunanza") e quelli, chiamiamoli, liberi.
I nomi di centri che presentano maggiori differenze sono:
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Badalo = Badolo; Caldarara = Calderara; Frassineda = Frassineta
Barisella = Baricella (in dialetto Barisèla)
Budrio Castello (forse con riferimento a Budrio città)
Castel Fiumenese (che dovrebbe essere Casalfiumanese di oggi)
Casoni Fumanti (oggi solo Casoni, "fumante" significa, fin dal Medio Evo, "colono"!)
Castiglione Feudo (forse Castiglion dei Pepoli)
Crovara e Crovara di Casale (oggi c'è una sola Croara, ma questa antica "v" fa pensare ad un possibile significato precedente di Corvara)
Farnè = Farneto (ancora oggi in dialetto "Farnà" e probabile spiegazione del cognome Farnè, diffuso a Bologna)
Poggio Rognatico = Poggio Renatico (il Reno, che in dialetto fa "Ràggn")
S.Raffaelle (con due "l") = S.Ruffillo (in dialetto San Rafèl: ecco perchè non si dice San Ruféll, a meno ché S.Raffaelle non sia una traduzione da S.Rafèl)
Roncrì = Roncrio (in dialetto Runcrì)
Sanguoneda = Sanguineta, credo.
Selva Contea (probabilmente l'attuale Selva Malvezzi)
Vignola dei Conti (oggi semplicemente Vignola)
Veggio (forse l'odierno Rioveggio)
Stifonte = Settefonti (in dialetto Stifón: ecco spiegato perché non si dice Sètfónt! L'attuale nome Settefonti è certamente una… libera traduzione di Stifonte/Stifón, eppure c'è qualcuno che, in una nota pubblicazione, ha scritto "…c'erano sette fonti, delle quali oggi restano quattro!": una bella fantasia!)
-
L'ultima curiosità è quella data da alcuni nomi che, già a quel tempo, avevano una variante, riportata a lato:
Cazzano detto anco La Maddalena (ancora oggi Maddalena di Cazzano oppure la Maddalena di Budrio)
Monghidoro detto Scarica l'Asino (da Mons Gothorum, nome più recente)
Montevia detto Monte Veglio (l'attuale Monteveglio)
Tolè o sia Toleto (strano che il Farnè sia sparito e si sia trasformato in Farneto, mentre qui è sparito Toleto ed è restato Tolè)
Un'interessante ricerca di Gaetano Dall'Olio (Strenna Storica Bolognese 1968-Tamari) evidenzia l'origine latina di 88 toponimi che, sottintendendo fundus o vicus o villa, ricordano il nome dell'antico proprietario, che ha dato origine al nome attuale. Ecco alcuni esempi:
Acutius-Acutianus = Guzzano
Asuvius-Asuvianus = Sibano e Suviana
Bettius-Bettianus = Bazzano
Cadrinnius-Cadrinnianus = Cadriano
Catius-Catianus = Cazzano
Crespinius-Crespinianus = Crespellano
Liburnius-Liburnianus = Livergnano
Marius-Marianus = Marano
Medetius-Medetianus = Medesano e Medicina (…altro che Barbarossa!)
Sabinius-Sabinianus = Savigno e Savignano
Ulcius-Ulcianus = Ozzano
Visius-Visianus = Bisano
-
Paolo Canè

Poesia: BOLOGNA

Cara città mia, dotta, grassa e buona
“intra Lavino ed Idice adagiata”
dolce Paese dove il “sócc’mel” suona

terra natìa più d’ogni altra amata
franca, opulenta, storica Bologna
che pure fosti un giorno condannata

a soffrir tra i “ruffiani” ingiusta gogna
(perché ce l’ha con te Dante non dice:
probabilmente volle far rampogna

poiché gli avean baciato Beatrice,
mentr’egli a rimirar la Garisenda
stava col naso in su, tutto felice!)

tale iniqua illazione non ti offenda,
poiché tutti lo sanno che sincera
ancorchè schietta appari tu a chi intenda!

Al tempo in cui Firenze ancor non c’era,
fondata dalle arcane etrusche genti,
Felsina ti chiamavi, illustre e austera,

con le tue case, strade e monumenti.
Perla dell’ubertosa Val Padana,
ambìta pria dai Galli prepotenti,

Bononia fosti poi, città romana
e, dopo le barbariche invasioni,
franco Comune, libera e sovrana.

Straziata dalle lotte tra fazioni
di Guelfi e Ghibellini contrapposti
eri “turrita” e cinta da bastioni

“Alma Mater Studiorum” quindi fosti
e per Diritto e ancor per Medicina
da allora sei nel mondo ai primi posti.

Poi la Fossalta, gloria cittadina,
e i Bentivoglio e i Pepoli e i Visconti
ti resero splendente e cristallina.

Per prima a schiavitù tagliasti i ponti,
prima ad avviare le Corporazioni
di cui la fama andò per mari e monti.

Di seta centro di contrattazioni
(e in seguito per canapa famosa),
ad onta di straniere occupazioni,

attiva sempre fosti ed operosa
e, pur sotto il dominio papalino,
fiera rimasta sei sopra a ogni cosa!

La patria sei del grasso “tortellino”,
famose ovunque le tue “tagliatelle”
insieme con il gusto sopraffino

delle “lasagne” e delle “mortadelle”,
poiché della cucina quotidiana
facesti un’arte che è tra le più belle.

Città fosti anche tu repubblicana
per breve tempo con Napoleone
e l’ultima violenza, ormai lontana,

fu quella d’Austria, ma liberazione
avvenne il giugno del “cinquantanove”
e fosti con l’Italia una Nazione!

Cara Bologna, quante dure prove
nei secoli hai dovuto superare,
quante ferite porti in ogni dove!

Dei figli tuoi val bene ricordare
Irnerio, Guinizelli e ancor Respighi,
Reni, Carracci e non dimenticare

i Galvani, i Marconi ed i Malpighi,
Croce, Testoni, Bassi e Filopanti,
Fioravanti, Morandi, Murri e Righi.

Ma sono stati veramente tanti
color che, sotto i portici cresciuti,
portaron la tua fama ancor più avanti.

La “rossa” sì, ma per i tetti muti
e vermigli mattoni sii famosa
non come la patria dei “cipputi”! (1)

Doverti ricordar per questa cosa,
dopo le tante glorie del passato,
sarebbe un’ingiustizia fastidiosa:

fosti già clericale col papato,
poi fosti giacobina, poi fascista
durante quel ventennio scellerato;

oggi tu ti dichiari comunista,
ma se conosco te (e su questo giuro!)
tu sei tutt’altro. Lascia che io insista:

nessun color di questi è duraturo
e col tempo diventa sol menzogna,
pertanto si può dire di sicuro
che tu sei solo tu: tu sei BOLOGNA!

(1): personaggio simbolo della classe operaia creato dal vignettista Altan
-
Paolo Canè

lunedì 7 gennaio 2008

LE FAMIGLIE DI BOLOGNA (parte 5 - ultima)

FAMIGLIE / PALAZZI / LOCALITA' E VARIE INFORMAZIONI
-
PALLAVICINI / Via S.Stefano, 45 / ------
PALTRINIERI / P.zza Minghetti / ------
PAPAZZONI-SCANABECCHI / Via S. Vitale / proprietari chiesa SS. Viale-Agricola
PARISI (DE') / Via Parigi / famiglia del '300
PASELLI / Via S. Maria Maggiore, 4 / ------
PASI / P.zza Mercanzia / ------
PEDERZANI-ARIOSTI / Via S. Felice / Ludovico Ariosto nel 1563
PEPOLI / Via Castiglione, 6-8-10 / (Palazzaccio)
PEPOLI / Via Castiglione, 7 / ------
PIATESI / Via Galliera, 9 / poi ALDROVANDI
PIELLA / Via Piella / ------
PIETRALATA / Via Pietralata / Uguccio (1230) - Guglielmo(1297)
PIETRAMELLARA / Galleria Cavour / ora SASSOLI
PINI / Via Pini / ------
PIZZARDI / Via D'Azeglio / Sede Ferrovie
POETI (DE') / Via Castiglione / ------
POETI (DE') / Via de' Poeti / estinti 1733 - poi GOZZADINI
POGGI / Via Zamboni, 33 / oggi Università
PRATI / Via S.Vitale, 53 / ------
RATTA / Via Castiglione / ------
REGGIANI / P.zza Mercanzia / ------
RIARIO / Via Zamboni, 40 / ------
RICHI (DE') / Via del Riccio / Richo de' Richi – Borgoricco dal 1298
ROSSI / Via S. Stefano, 33 / da Parma - banchieri
ROSSI-MARSILI / Via Marsala / ------
ROSSINI / Strada Maggiore / G. Rossini 1824-1827
RUINI (DE') (*) / P.zza Tribunali / 1572 - poi RANUZZI poi BACIOCCHI
RUSCONI / P.zza Malpighi / famosa Cavallerizza
SALAROLI / Via Zamboni / poi PALEOTTI (add.sacerd.)
SAMPIERI / Strada Maggiore, 12 / ------
SAMPIERI / P.zza Mercanzia / mercanti poi marchesi
SAMPIERI / Via Castiglione / palazzo e torre Dalle Perle
SAMPIERI / Via S. Stefano / prov. dai Cattani di Castel S. Pietro
SANUTI-BEVILACQUA / Via D'Azeglio / 3 sess. Concilio di Trento
SASSOLI / P.zza Cavour / ------
SASSONI / Via Montegrappa / ora GESSI (Hotel Palace)
SAVIOLI-GUICCIOLI / Via Galliera / ospitò Lord Byron
SCAGLIARINI / Via Riva Reno, 77 / ------
SCAPPI / angolo Indipendenza / Canton dei Fiori
SECCADENARI / Via Altabella / Torre Prendiparte/Coronata
SENNI-GUIDOTTI / P.zza Cavour / ------
SERACCHIOLI / P.zza Mercanzia / ------
SFORZA / Via Castellaccio / torrione-colombaia
SILVANI / Via Garibaldi / ora Esattoria
SPADA / Via Castiglione, 24 / ------
STRAZZAROLI / P.zza Ravegnana / ------
TANARI / Via Galliera / ospitò Cristina di Svezia
TANARI / Via Tanari Vecchia / ------
TORFANINI / Via Galliera, 4 / ------
TORTORELLI / Via Val d'Aposa, 5 / poi MACHIAVELLI
TOSCHI (DE') / Via de' Toschi / guelfi
UBALDINI / Strada Maggiore, 17 / dalla Pila di Mugello
USBERTI / Via degli Usberti / ------
VESSE'-PIETRAMELLARA / Via Farini / ------
VIDALI-VITALI / Via G. Reni / di Castel S. Pietro o Cento - estinti XVII sec
VIZZANI / Via S. Stefano, 43 / poi LAMBERTINI, oggi SANGUINETTI
ZABBAN / Via Saragozza, 1 / ------
ZAMBECCARI / Via Barberia / famosa quadreria - Pinacoteca
ZAMBECCARI / Via Carbonesi / Teatro Romano
ZAMBECCARI / P.za Calderini, 2 / ------
ZINI / Via Venturini / ------
ZUCCCHINI / Via Posterla / ------
-
(*) Palazzo de' Ruini - Le storie inventate sono anche troppe, ma questa merita un particolare accenno: Carlo de' Ruini, originario di Reggio E., fu professore di diritto a Bologna. Suo figlio Cesare iniziò la costruzione del palazzo, ma fu assassinato. Il nipote Carlo incaricò il Palladio, ma fu avvelenato. Il pronipote Antonio fu pure assassinato. Un superstite, Lelio, morì di peste. Il palazzo fu rilevato dai Gonzaga che lo vendettero al marchese Ranuzzi, il quale terminò i lavori, dopo aver tentato il suicidio. Un suo discendente, Girolamo, finì in bolletta e lo vendette al Baciocchi, il quale finì pure in bolletta e si azzoppò cadendo da cavallo. Anche suo figlio morì sbalzato di sella. Sua figlia andò sposa a un Camarata, nobile squattrinato, il quale cedette il palazzo al conte Grabinski, dopo averlo spogliato di ogni arredo. La vedova di quest'ultimo lo cedette al Comune nel 1873 e diventò così il Tribunale: che cosa altro poteva diventare, dato che molti, alla vista di un avvocato, fanno gli scongiuri?
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P.S.: un elenco molto più completo e dettagliato dei Palazzi bolognesi si può trovare nel bel libro "Conoscere Bologna" di Costa e Poli – Edizioni Costa.
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Paolo Canè

Proverbio n. 184

P'r ògne badilàz ai é al só mandgàz.
Per una donna anche brutta c'è sempre l’uomo adatto.

Proverbio n. 183

Preghèr i mùrt e fótt'r i vìv.
Una persona falsamente pia.

Proverbio n. 182

Pisèr's adós dal rédder.
Sbellicarsi.

Proverbio n. 181

Pisèr fóra da l'urinèri.
Uscire dal seminato.

giovedì 3 gennaio 2008

LE FAMIGLIE DI BOLOGNA (parte 4)

FAMIGLIE / PALAZZI / LOCALITA' E VARIE INFORMAZIONI
-
ISOLANI / Strada Maggiore / compropr. Vic. Alemagna
ISOLANI / Strada Maggiore, 19 / originari di Cipro - 1200
LAMBERTINI / Via Orefici / del 1548 - bruciato nel 1885
LAMBERTINI / Via N. Sauro / ora Liceo Minghetti
LEONI / Via Marsala / ------
LEONI (DE') / Via Torleone / casa torre - identità dubbia
LOJANI-RIARIO / Strada Maggiore / ora SANGUINETTI
LOMBARDI / Via Falegnami / ------
LUDOVISI / Via Oberdan, 9 / secXV - poi BONCOMPAGNI-TUBERTINI
LÛPARI / Via S. Stefano, 16 / compropr. Vic. Alemagna - poi ISOLANI
LÛPARI / Strada Maggiore / da Lucca per sfuggure a C. Castracani
MAGAROTTI / Via dei Bersaglieri / ------
MAGGI / Via Maggia / ------
MAGNANI-SALEM / Via Zamboni / ------
MALCONTENTI / Via Malcontenti / dal XVII sec. ?
MALVASIA / Strada Maggiore / ------
MALVASIA / Via del Carro / ------
MALVASIA / Via Zamboni / ------
MALVEZZI CA' GRANDA / Via Belmeloro, 4 / ------
MALVEZZI CAMPEGGI / Via Zamboni, 22 / ------
MALVEZZI DE' MEDICI / Via Zamboni / ------
MALVEZZI LOCATELLI / Via Zamboni, 26-28 / LEONI BONFIOLI
MANZOLI / Via Posterla / ------
MARESCALCHI / Via IV Novembre / maniscalchi - già DELL'ARMI
MARESCOTTI / Via Barberia / palazzo distrutto e ricostruito, ghibellini - prima sostenitori poi nemici Bentivoglio
MATTUIANI (DE') / Via de' Mattujani / Mea Mattuiani, poetessa
MENARINI / Via S. Stefano, 54 / ------
MERENDONI / Via Galliera, 26 / ------
MODIGLIANI-SALAROLI / Vicolo Malgrado / torre d. Magione - abbattuta nel 1825
MONARI (DE') / Via de' Monari / ------
MONTICELLI / Via Monticelli / ------
MUSOTTI / Strada Maggiore / compropr. Vic. Alemagna
MUSSOLINI (DE') / Via Saragozza, 1 / originari di Argelato
MUSSOLINI (DE') / Via Tessitori / sarti, salaroli e notai
MUSSOLINI (DE') / Vicolo Bianchetti / guelfi - messi al bando
MUZZI / Via S. Stefano, 50 / palazzo del 1594
NASCENTORI / Via Drapperie, 8 / da Cento - Fornace vetro
ORSI / Via S. Vitale, 28 / (suor Barbara Orsi) poi Elettra Marconi
-
Paolo Canè

Proverbio n. 180

Pisèr càntr'al vànt, tabachèr strà la zànt, córrer pr'al sabiàn i én trài cós da quaiàn.
Tre cose da evitare.

Proverbio n. 179

Pió t'l'armàssd e pió la pózza.
"El xe pezo el tacón del buso".

Proverbio n. 178

Pérder la mérda par la strè.
Avere molta fortuna.

Proverbio n. 177

Pàn cót e pàn buiié: tra' una vàssa e t'l'è padé.
Alimenti di facilissima digestione.

Proverbio n. 176

Ót àur un córp, nóv àur un pórz.
Per dormire bastano 8 ore.

mercoledì 2 gennaio 2008

I LOVE BOLOGNA di Sergio Angeli

A volte mi chiedo "perché" uno debba scrivere un libro e la domanda è ancora più strana se fatta da me che, com'è noto, sono un incallito grafomane. Credo che non basti "voler" scrivere, ma che occorra sopra tutto "aver qualcosa di nuovo o interessante da dire"!
Qui non c'è quasi nulla di nuovo e poco d'interessante, tuttavia non posso dire che il libro non mi sia piaciuto in assoluto (almeno l'ho letto fino in fondo!), poiché vi ho trovato qualche idea condivisibile e qualche descrizione spiritosa, ma credo di non poter dire nient'altro di positivo. Di più potrei dire di negativo, ma si tratta beninteso di pareri personali che sono perfettamente opinabili e…contestabili:
- il libro s'intitola (tradotto in italiano) "Io amo Bologna", ma avrebbe dovuto chiamarsi più propriamente "Io odio Bologna", poiché vi sono elencati quasi soltanto i difetti della città e dei suoi cittadini, difetti che peraltro sono comuni alla quasi totalità delle città d'Italia!
- il sottotitolo "la bolognesità spiegata ai bolognesi" lo trovo del tutto fuori luogo, sia perché essa non viene affatto spiegata, sia perché un NON bolognese non può pretendere di venire a spiegare A ME la mia identità!
- L'Autore (probabilmente toscano o nord-emiliano, a giudicare dal cognome, ma si guarda bene dal dirlo!) non può pretendere che abitare a Bologna da 35 anni, significhi automaticamente avere capito lo spirito della città; egli infatti ha due tipici difetti dei moltissimi "trapiantati" che ho avuto modo di conoscere:
a) pur sforzandosi di parlarne bene, pur vivendoci egregiamente, pur non avendo nessuna intenzione di tornare al loro Paese, non riescono a …non parlare male di Bologna!
b) pur abitandovi da anni non riusciranno mai a calarsi appieno nella nostra mentalità: il meridionale resterà sempre suscettibile, il toscano fazioso, il piemontese introverso ed il veneto …spaesato!
- Mi ha colpito lo stile di questo scrittore il quale è sicuramente un dilettante (come me) e un non-intellettuale (come me), tuttavia da un lato usa parole ricercate e immesse quasi per forza in un contesto che ne potrebbe fare a meno, dall'altro lato, forse per dimostrare ciò che egli non è (guarda caso, un difetto che ascrive ai bolognesi!), usa uno stile difficile da leggere e a tratti addirittura soporifero. Uno stile ora barocco, ora bizantino che costringe il lettore a rileggere ed a faticare per capire, ciò che va a scapito della chiarezza e della genuinità.
- Molti argomenti appaiono tirati per i capelli e diverse citazioni di locali pubblici e personaggi attuali, sembrano quasi "spot" pubblicitari (a pagamento!) come quelli ai quali, ahimé, ci ha abituati la TV. Al contrario io penso che satira ed ironia debbano essere sempre a 360 gradi, senza condizionamenti o servilismi.
- Ciò che mi ha sorpreso maggiormente è la punteggiatura, opinabile e sconclusionata, di tutto il libro (non sono rare le virgole seguite da lettera maiuscola e le virgole messe dove non servono affatto) e alcuni incredibili errori, anche di grammatica! Tralasciando i vari congiuntivi mancati e pronomi dimenticati,sono rimasto sorpreso da un "lo suocero" (la prima volta ho pensato a un refuso, ma la seconda volta mi sono convinto che l'Autore è diventato "bolognese" dove non importa!) e da un "grattacelo" la cui mancanza della "i" mi ha fatto pensare d'acchito all'ordine dato a qualcuno di grattarcelo:" Gràttacelo!". Mancano clamorosamente alcune virgolette o corsivi per le citazioni di parole strane, straniere o dialettali e, a proposito di dialetto, pare che il nostro grande Alberto Menarini abbia studiato per niente: non esiste una sola citazione in dialetto che non contenga almeno un errore d'ortografia, almeno dell'ortografia menariniano, poiché continua la grafia imprecisa ed approssimativa dell’800!
- Fra le varie citazioni inesatte, salta agli occhi un "Pelizza" da Volpedo al cui nome manca una "l", almeno secondo ciò che dice l'Enciclopedia, ma ciò che è più grave è il suo "Terzo Stato" che in realtà è "Quarto"!
Credo che l'Autore dovrebbe curare una seconda edizione, sfrondando il superfluo, modernizzando lo stile e poi, prima di pubblicare, far correggere ad un esperto ed affidarsi ad un correttore di bozze serio.
Dovrebbe inoltre verificare alcune sue affermazioni che a me risultano inesatte: "la Gira", squadra di basket che, secondo lui, dovrebbe il suo nome a "gira la bàla", si chiama innanzitutto "il Gira" ed è una società sportiva che nacque negli ani '20 del '900 come società ciclistica intitolata al grande campione Costante Girardengo, il cui nomignolo era appunto "Gira", che poi aggiunse un settore motociclistico ed infine una sezione di pallacanestro: la sola rimasta anche oggi che il vecchio "Gira" è stato… retrocesso a squadra cestistica di Ozzano! Quanto al grido di battaglia "e par la bèla bàla un óc' am bàla" (detto derivato scherzosamente dalle varie "Amba" della Guerra d'Africa!) esso era il "peana" del Gira e non della Virtus! Queste cose le so perché dal 1953 al 1960, quando ancora il signor Angeli risiedeva nella sua città natale, io ero già socio e tifoso del "Gira", quando era una delle migliori squadre del campionato italiano di basket e quando mio padre, per breve tempo, fu uno dei 2 vice-presidenti! Pertanto mi sentirei di ringraziare il signor Angeli per l'omaggio fatto alla mia città (sempre che si tratti di vero amore e non di altro), ma di consigliargli contemporaneamente di lasciare perdere la "bolognesità": egli non la può insegnare, poiché è la sola cosa che gli manca completamente!
Ai bolognesi può insegnare un po' della loro storia, questo sì, ma nient'altro!
Non bastano 35 anni di residenza e sono più propenso a credere che occorrano (è una sua citazione) almeno tre generazioni.
Conosco un uomo nato a Bologna 60 anni fa da genitori napoletani, che parla un ottimo dialetto, che si definisce "borghigiano di Borgo San Pietro", quando ormai da oltre un secolo il concetto di "borgo" a Bologna è ormai svanito, che ha in poca simpatia i "marocchini", ma che sotto sotto conserva un "imprinting" che resta inequivocabilmente partenopeo. Amare la propria città è bello e giusto, amare la città scelta per viverci è comprensibile, ma non bisogna spacciarsi per ciò che non si è: essere bolognesi (o romani, o milanesi, o napoletani) non significa solo essere nati o vivere da anni in una città, ma significa avere nel sangue lo spirito di quella città e questa è una cosa per cui non basta una vita, una cosa che si tramanda di padre in figlio per generazioni, insomma: una delle poche cose veramente difficili da contraffare! Non basta prendere uno "shaker", mettere un pizzico di storia antica, di personaggi antichi e attuali e di parole in dialetto, agitare e… scodellare un libro su Bologna. Figuriamoci sulla "bolognesità"! Ma adesso basta con le critiche: chiedo scusa all’Autore per la mia franchezza e torno ad occuparmi dei difetti MIEI!
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Paolo Canè

LE FAMIGLIE DI BOLOGNA (parte 3)

FAMIGLIE / PALAZZI / LOCALITA' E VARIE INFORMAZIONI
-
FABBRI / Via S. Vitale, 51 / 1783 - poi G.B. MARTINETTI
FACCHINETTI / Via S. Gervasio / palazzo abbattuto
FANTUZZI / Via S.Vitale, 23 / nemici dei Marescotti
FAVA-GHISILARDI / Via Manzoni (già Galliera) / ora Museo Civico Medievale
FELICINI / Via C. Battisti, 23 / ricchissimi banchieri
FELICINI / Via Riva Reno, ang. Galliera / ------
FIGALLO / Strada Maggiore, 1 / ------
FRANCHINI / Via S. Vitale, 31 / ------
GALLI-BIBIENA / Via Guerrazzi, 16 / ------
GALLUZZI / Corte Galluzzi / guelfi - XII-XIII sec. nemici Carbonesi una delle più turbolente famiglie
GANZOLI / Vicolo Gangaiolo / esistenza incerta
GARDINO / Via Azzogardino ? / Azzo, 1200
GARISENDI / Via de' Giudei / case (e vicina torre)
GAROFALI / Via Garofalo / una famiglia o un'osteria?
GESSI / Strada Maggiore / originari di Zappolino
GESSI / Via de' Gessi / già SASSONI 1480-1483
GHISELLI-VASELLI / Via S.Stefano, 63 / ------
GHISILIERI / Via U. Bassi-Malpighi / ex Hotel Brun – distrutto
GIOANNETTI / Strada Maggiore, 13 / ------
GIOVANNETTI / Via Falegnami / ------
GOMBRUTI (DE') / Via Gombruti / ------
GOZZADINI / Via S. Stefano, 36 / oggi ZUCCHINI
GRASSI / Via Marsala / forse d'origine polacca
GRATI / Strada Maggiore, 49 / originariamente INGRATI
GRIFFONI / Via Barberia-Barbaziana / secondo ramo dei Griffoni
GRIFFONI / Via Griffoni / guelfi - ramo estinto nel '400
GRIMANI / Via S. Vitale, 49 / ------
GUARDINI / Via Lame, 24 / costruzione del 1570
GUASTAVILLANI / Via Castiglione, 20/22 / e molte altre proprietà
GUICCIOLI / Via Strazzacappe / ------
HERCOLANI / Strada Maggiore, 45 / palazzo di fine '700
HERCOLANI / Via S. Stefano, 30 / merciai poi principi
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Paolo Canè

Proverbio n. 175

Nàser col cavécc'.
Nascere fortunato (maschio).

Proverbio n. 174

Méttr'al cùl a móii.
Andare al mare (o anche l’avvicinarsi della stagione piovosa).

Proverbio n. 173

Métters a cùl busàn.
Mettersi in posizione ambigua.

Proverbio n. 172

Mérd cómme la lòcch.
Sporco come la pula delle biade.

Proverbio n. 171

Mèrd cómme al bastàn dal pulèr (cómme la póppla).
Molto sporco.