venerdì 15 gennaio 2010

I BARBARI DEL NOSTRO TEMPO

I barbari (…come gli esami) non finiscono mai! Noi crediamo che essi appartengano al Medio Evo, ma, se ci guardiamo intorno, vediamo che sono ancora qui.Mi riferisco a due casi che sono accaduti in tempi recentissimi, non lontano da casa mia.

Ozzano è un centro non antichissimo, poiché la sua fondazione dovrebbe risalire al periodo intorno all’anno Mille.Il centro antico,risalente all’epoca romana,si chiamava Claterna, sorgeva a un paio di chilometri dall’attuale Ozzano e fu abbandonato intorno al V secolo d.C., probabilmente a causa delle distruzioni dei barbari (quelli propriamente detti!). Gli abitanti di Claterna (centro che ha dato il nome al torrente Quaderna o da questo lo ha preso!) si rifugiarono su verso la collina e fondarono San Pietro, piccolo centro tuttora esistente, mentre gli scavi dell’antica Claterna sono situati lungo la via Emilia e vanno tanto a rilento che dovrebbero essere ultimati, quando…anche l’attuale Ozzano sarà abbandonata!
L’avessero gli americani una simile zona archeologica!
Dunque Ozzano non è antica e per questo motivo non ha edifici antichi, tranne due: una porta-torre a San Pietro, vestigio residuo di una recinzione muraria, che è stata in qualche modo restaurata e messa in rilievo. L’altro è (ma dovrei dire “era”) una torretta rotonda, situata a valle, all’inizio della via Olmatello che, secondo quanto ho letto da qualche parte, era in qualche modo collegata agli Sforza.
Ebbene, questa torre “era” perché non c’è più. O meglio, non c’è…quasi più!
Le cose sono andate così: anni fa un giornaletto locale informò la cittadinanza che quella torretta sarebbe stata restaurata e messa in risalto da una serie di costruzioni progettate a quello scopo e, sulla carta, sembrava un’iniziativa encomiabile, visto che il rudere rappresentava…il 50% delle antichità ozzanesi! Se non che, gli edifici intorno sono sorti e la torre, che era separata e costruita con mattoni “a vista”, è stata unita ad uno di tali edifici e, cosa incredibile ed imperdonabile, è stata intonacata e verniciata di giallo! In questo modo, più che una torre sforzesca, sembra una canna fumaria d’una lavanderia o il vano di un ascensore! Inoltre, mentre prima era in qualche modo visibile, ora nessuno la nota più: praticamente un monumento cancellato, come fosse stato distrutto dai barbari. Appena vidi questo scempio, scrissi indignato al Sindaco per chiedere spiegazioni, ma evidentemente i nostri amministratori hanno cose più serie a cui pensare (i loro stipendi, il mantenimento delle poltrone, i voti,ecc.) poiché nessuno si preoccupò di darmi almeno una risposta!

L’altro caso, meno grave, ma ugualmente significativo, si è verificato un po’ più lontano, alle porte di Castelguelfo e precisamente in una zona detta “Giardino” sulla strada che collega quel paese ad Imola.
Questo piccolo centro, che fu feudo dei Malvezzi e poi degli Hercolani, era provvisto di una cinta muraria, una porta e quattro torri rotonde agli angoli, monumenti in parte restaurati e visibili, i quali, insieme a due o tre chiese ed al palazzo signorile, oggi sede del Comune, rendono il paese molto gradevole al turista.

Una fontanella, un tempo, dava acqua a tutti gli abitanti del vicinato. Me ne parlò mio padre che, quando era bambino, diciamo verso il 1920-1923, passava l’estate presso certi nostri parenti della vicina Sesto Imolese. Mi raccontava che andava a quella fontana con un carretto, trainato da un grosso cane, e riempiva d’acqua vari recipienti e damigiane: un lavoro che faceva con l’entusiasmo immaginabile d’un bambino.
Quella fontanella, che lui ricorda con nostalgia, era situata proprio al bivio che dalla via imolese porta a Castelguelfo e veniva chiamata, in dialetto, “la bàttla”, ossia “la piccola botte”, nella meno usata accezione di questa parola che, oltre ad indicare il noto recipiente in legno e l’architettura di certe volte, significa anche “canale sotterraneo”, proprio come quello che deve esserci sotto una fontana. Oltre al nome, affascina questo diminutivo che ricorda un verosimile latino “botula”, da cui, con ogni probabilità, deriva il termine dialettale, senza passare per l’italiano, lingua che, tra l’altro, doveva ancora nascere!
Non si trattava di un vero e proprio monumento, ma era pur sempre qualcosa di antico che si doveva conservare. Purtroppo però, da qualche anno a questa parte, “la bàttla” non c’è più e mio padre è rimasto molto deluso da questo fatto. E anch’io.
Cosa è successo? Semplicemente gli edifici ai quali la fontanella era addossata, sono stati restaurati e in parte ricostruiti e qualche “genio” ha pensato che era bene eliminare completamente quella ”cosa” che non era nemmeno più in funzione.
Ci si domanda: perché? Che fastidio dava? Si potrebbe (forse) capire se al suo posto fosse stato costruito qualcosa, ma in quel posto ora non c’è nulla e allora che cosa costava restaurarla un po’ e lasciarla dov’era stata probabilmente per secoli?
Ci si domanda quale gusto, quale educazione abbiano certi moderni costruttori che non amano le cose antiche, non le rispettano e, presi dal raptus del martello pneumatico, distruggono tutto per far posto ad opere, quanto meno, discutibili.
Ci si domanda anche come facciano gli amministratori pubblici a dare questi permessi e la risposta non può essere che una: barbari, non sono nient’altro che barbari del nostro tempo!

E questi non sono che due casi: ce ne sono centinaia!
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Paolo Canè

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