giovedì 10 giugno 2010

Slapazócch

È un vocabolo che i dizionari sbrigano laconicamente con la definizione “scemo”, senza dire nient’altro! Menarini, nel suo “Bolognese invece”, al contrario, gli dedica una mezza pagina (la 52) e forse ci sarebbe ancora da dire! Egli, come gli altri, scrive slapazócc, ma io preferisco la grafia con la “h” finale, per indurre il lettore a capire la “c” dura. Poi, magari, un giorno cambierò idea: “tout passe…”! Il nomignolo, a quanto scrive, è stato usato sia dall’Ungarelli che dal Testoni, italianizzato in “slapazucchi” e sarebbe uno dei tanti soprannomi dati agli Austriaci dai bolognesi, come scriveva Fulvio Cantoni nel 1923 prendendo spunto dall’opera“I moti del 1820 e del 1821 nelle carte bolognesi”, “I tedeschi erano detti dai contadini slapazôch, spruch, zarôch, sunzòn, perché sporchi, rozzi e bisunti” (cito sempre testualmente). Menarini ricorda anche che il nomignolo sunzón (stavolta con l’accento acuto alla maniera sua…e mia) significava “sudicioni” da sónza =sugna = sego, poiché pare lo usassero sia per i baffi che per insaporire le minestre (!) da cui “mangiasego”. Slapazócch, continua il Maestro, è diffuso in tutta l’Italia Settentrionale (e aggiungo fino a Roma, poiché lo usò anche il Belli) ed è comunemente impiegato come sinonimo di “individuo rozzo e balordo”, ma attende ancora una “spiegazione suffragata da adeguate indagini”, poiché sono insoddisfacenti le ipotesi avanzate dall’Ungarelli (tedesco läppisch = stupido), dal Maranesi (ted. Lappsüchtig “tocco dalla stupidità dei Lapponi” e di altri (ital. settentr: “slappare” = mangiare con rumore, avidamente). Menarini pensa che converrebbe indagare su termini austriaci, come schlafsüchtig (morto di sonno) o Schlampenzeug (straccio) ed eventuali rapporti con altri in –ucco (zarucco, patalucco, patatucco, ecc.).Io non vorrei sembrare presuntuoso e mettermi al livello di uno studioso della sua portata, anzi mi sembra strano che, pur intuendo che le ipotesi fossero poco valide, pur avvicinandosi ad una nuova, eventuale ipotesi, non ne abbia accennato. Lui così preciso, colto e documentato . Io noto due cose: che anche il Cantoni mette la “h” finale come me e che l’ipotesi del Maranesi sui Lapponi mi sembra ridicola, con tutto il rispetto! Detto ciò mi permetto di avanzare una nuova ipotesi che ho preso dal Cortelazzo: il termine “schiappa”indica chi è poco abile a fare ciò che fa e deriverebbe dalla schiappa che era una scheggia di legno. I contadini o boscaioli di una volta venivano, infatti, in città a spaccare la legna da ardere, cioè a ridurre in schiappe i pezzi grossi. Ogni zona settentrionale aveva termini diversi, ma simili: s’ciappein, schiapin, schiapa, ecc. (termini che forse, dico io, hanno originato soprannomi e cognomi del tipo Scappino, Chiappa, Chiappini che perciò nulla avrebbero a che fare con le…chiappe!). Questi lavoratori venivano detti s’ciapazuche o schiapazuche, anche nel senso dispregiativo di chi fa un lavoro malamente, senza troppa cura o precisione. Si pensa che il significato non avrebbe nulla a che fare con le “zucche” ma con i “ciocchi” (nei nostri dialetti zuch) e perciò “spacca-ciocchi” che mi sembra più attinente alla mansione. Si registra infatti s’ceppalegna (taglialegna) e il piacentino s’ciapazocc. Il Cortelazzo suppone che il passaggio da “ poco abile” a “persona sciocca” (il nostro slapazócch) sia dovuto alla maschera S’ceppin vestita da rozzo boscaiolo!

Paolo Canè

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